Il presidente spiega le dimissioni in aula. “La crisi nella crisi poteva far implodere la democrazia rappresentativa”. E anche rispetto al “melmoso clima di parole tattiche” e alla “stanchezza” che si avvertiva nella politica ha spiegato che una rinuncia può servirci a raccogliere il fiato”. 

 

 

Altolà ai nuovismi fatti di “qualità solo anagrafiche un substrato di vecchie metodiche”. E esortazione a impegnarsi fino alla fine: “Tocca a noi lasciare il meglio possibile dei nostri atti”. A lavorare “Senza sosta per la Basilicata”.

“Ci voleva un taglio, come facilmente si intuisce guardando alla medicina o alla botanica”. Non c’è nessuna traccia di esitazione o possibilità di ripensamento nel discorso con cui il Presidente della Regione, Vito De Filippo, ha relazionato in Consiglio regionale sulle sue dimissioni. “Quel 24 aprile – ha spiegato – mi è apparso evidente che la crisi nella crisi poteva far implodere qualcosa di più profondo. La base stessa della possibilità della politica, che è fatta di pensiero e di azioni di volontà rigeneratrici, di credibilità che sono il simbolo della rappresentanza che quella agorà o piazza come chiamarla che ancora è intenzionata a riconoscere non avrebbe più riconosciuto forse per sempre”.

Un clima, quello che il presidente De Filippo ha indicato come alla base della sua decisione, che si avvertiva già prima delle vicende giudiziarie. Convinzioni, ha ricordato De Filippo “che a molti colleghi negli ultimi anni, di tanto in tanto, avevo confidato. Tutti argomenti, purtroppo, ho notato dispersi nel solito, forse melmoso clima di parole tattiche, certe volte mendaci che pure in maniera decadente condiziona l’agire pubblico. Non solo quello più strettamente politico. Dicevo sul serio quando tentavo di segnalare ai tanti “tecnici della crisi” che il momento pretendeva ben altra serietà e solidarietà in tutti i suoi aspetti. Non bisognava alzare oltre la realtà la misura delle aspettative (….), occorreva evitare scappatoie plateali e comunicative interpretare con realismo e senza infingimento le politiche regionali possibili, fuggire da un diluvio di benaltrismi, che avevano alcune volte il sapore cinico del combattimento dialettico senza fine e senza frutti!”. Atteggiamenti, ha spiegato il presidente, che incidevano pesantemente sul rapporto tra “agorà” e rappresentanti nelle istituzioni, tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta.

Poi gli ultimi eventi. “Ho detto a tanti nelle prime ore del mio gesto che come sempre nella vita la decisione matura con la fatidica goccia che fa traboccare il vaso. E questa oggettivamente è arrivata con il 24 aprile giorno di misure gravi per tanti colleghi che mi hanno dato il senso che il conflitto tra le due democrazie che ho prima descritto poteva diventare definitivo e senza ulteriori repliche”.

E’ nell’ambito di questo quadro che De Filippo ha invitato a leggere le sue dimissioni, “uno degli effetti più naturali – ha spiegato – che ci può permettere nella sua linearità di rendere trasparente, e io spero fertile, una nuova relazione con le comunità che rappresentiamo”. Anche perché, ha aggiunto “una rinuncia può servirci a raccogliere il fiato. Perdere quell’affanno e quella stanchezza che oggettivamente si viveva anche in quest’aula”.

Ma alla sua scelta, ha ribadito più volte De Filippo, non vanno attribuiti significati diversi da questi, a dispetto di quella “operazione decodifica” che De Filippo ha segnalato essere partita immediatamente dopo il suo gesto “in un tentativo spasmodico di macchiare stili di vita e comportamenti fatti di semplicità e di umiltà” che, ha segnalato il presidente, sarebbe stato quasi una costante. “Ho vissuto sempre con angoscia alcune azioni infettanti e a volte anche i gesti più autentici vengono macchiati”. Al punto che “anche atti memorabili come la moratoria sul Petrolio – ha sottolineato – avevano assunto altre colorazioni. Io non credo ci sia una macchina o una regia – ha detto – abbiamo tutti il dovere di disinfettare colleghi”.

Giudizi netti sul piano dei comportamenti e della politica, più rispettosamente distaccati rispetto alle vicende giudiziarie, rispetto alle quali, ha detto “mi soccorre la mia storia di garantista ed anche di rispetto sacrale verso il lavoro della magistratura”. De Filippo ha fatto riferimento alle altre indagini simili che riguardano altre regioni inquadrandole in “una doverosa azione anche di bonifica delle amministrazioni regionale e vedo provinciali e comunali, che non deve mai travolgere la solidità dei livelli della Repubblica” e che bisogna accompagnare “con analisi non dietrologiche o vetero-complottiste che sono in genere le più semplici e le più comode, ma anche con una profonda correzione dei meccanismi burocratici amministrativi e legislativi alla base di un mandato popolare e democratico”. E in proposito ha ribadito di non aver “alcun dubbio che il lavoro fatto nella Conferenza delle Regioni anche dal sottoscritto ha contribuito, senza falsa modestia, a cambiare rendendola uniforme tutta la legislazione delle regioni italiane nella materia”.

Quanto al lavoro da fare in Regione, invece, De Filippo è stato cauto nei giudizi e più orientato alla necessità di continuare a fare. “So – ha detto – che non passerà molto tempo a far capire che su molti fronti in questi anni abbiamo tirato al massimo in un lavoro locale e nazionale che nei giorni successivi alle dimissioni mi è tornato con attestati di stima e di amicizia che mi hanno anche commosso. Ci sarà tempo per capire su Welfare e cultura, infrastrutture, sanità, fondi comunitari ed altro quale è stato il lavoro spero sine ira et studio, come diceva Tacito, quando si tratta di esporre fatti storici. Oggi abbiamo un altro compito lavorare fino all’ultimo giorno diligentemente e contribuire a cambiare l’aria nell’impegno pubblico della nostra Regione”.

Per queste motivazioni De Filippo ha esortato a impegnarsi “senza sosta per la Basilicata”. “Tocca a noi in conclusione di questa esperienza – ha detto ai Consiglieri – lasciare il meglio possibile dei nostri atti. Determinare ancora in direzione degli interessi generali” aggiungendo che “la Basilicata gode di un credito alto che nemmeno le ultime vicende hanno intaccato”.

E proprio qualità del lavoro, capacità di interpretare il cambiamento e atti netti come quelli fatti in Basilicata, ha spiegato il presidente, rappresentano la base su cui lavorare per un rapporto cittadini-istituzioni sempre più saldo. “Ci sono strade possibili per la politica della Basilicata – ha esortato De Filippo – che a differenza di altre regioni italiane anche nell’inviolabile rispetto di un principio di civiltà che è la presunzione di innocenza, ha voluto porsi in maniera nitida di fronte alla comunità regionale, sapendo che una rottura così plateale metterà tutti di fronte ad una nuova irrevocabile decisione che è quella di un profondo cambiamento di merito e di metodo”.

Ma da De Filippo è arrivato anche un altolà alla strategia del nuovismo. “Sapete che non ho parteggiato fideisticamente con termini quale rottamazione e sono perfettamente informato che si celi in tante qualità solo anagrafiche un substrato di vecchie metodiche politiche e comportamentali. Nei termini che mi sarà possibile combatterò questi camuffamenti che sono frapposti ad una futuro della politica che cambia che è generosa e disinteressata. Non possiamo usare il doppio peso solito della storia politica italiana. Ci vuole una lealtà nuova, una linearità aggiornata, non l’allestimento di pulpiti o di tribunali del popolo che non hanno mai fatto bene alla storia”.

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