Non ha mai usato un nome pittoresco o “cool” per la sua attività di DJ da discoteca (con rimarchevoli incursioni anche in radio), ma Davide Padulosi, cinquantaquattro anni, fa meritoriamente parte di quella “pattuglia” di pionieri potentini che hanno fatto ballare e sognare gli ascoltatori e “ballerini” del Capoluogo (e non solo), osservando la città e i giovani mutare dall’alto del loro mixer.

d – Quando e come è iniziata la sua carriera di DJ?

r – Tutto è iniziato grazie a mio padre, che avendo un negozio di tv-hi fi- elettronica, mi appassionò a quel mondo. Quando avevo intorno ai 12-13 anni, iniziai quindi a frequentare la radio, la mia prima vera passione. Si trattava di Radio Sud (a due passi dal negozio), la prima a trasmettere in stereofonia, ai tempi. E poi, di seguito, Radio Antenna 2000, ove ho messo sul piatto il mio primo disco. Poi ho fatto un’esperienza a Radio Rama Lecce, che arrivava anche qui in Basilicata.

d – Per quanto riguarda la discoteca, invece?

r – Ovviamente ho cominciato al Basiliko’s di Potenza (e per questo devo tributare un grande grazie a Luigi Biscione). Avevo quindici, sedici anni. E poi, da lì, oltre a fare il DJ, ho iniziato a fare anche il vocalist e a “gestire” proprio la discoteca. La cosa del vocalist è nata “per un’emergenza”: durante una giornata in discoteca, il DJ principale, o comunque il mio collega, mi chiese di sostituirlo e di inventarmi qualcosa per intrattenere il pubblico.

d – A quel punto le è venuta in soccorso l’esperienza radiofonica.

r – Sì, anche se in radio io ero più che altro un fonico, con qualche incursione vocale, insieme a un mio amico, Maurizio Dresda, che era lo speaker, molto in gamba.

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d – E la storia continua con successo ancora oggi…

r – Per ciò che mi riguarda, è stata un’estate intensa, tra serate, eventi in piscina, aperitivi… (ho fatto anche delle serate al BARHCHIC Policoro e a un lido a Marina di Pisticci). Musicalmente, le mie selezioni possono variare: se ad esempio devo fare un aperitivo, parliamo di musica “soulful house”, quindi di un funky remixato, in qualche modo. Mentre poi, nelle serate più propriamente “disco”, si va dalla musica degli anni 80-90, ai giorni d’oggi. La “soulful house”, inoltre, la suono anche per radio.

d – Però si parla sempre di crisi. La gente c’è? Frequenta? O magari agli eventi ha notato un calo, l’esigenza di stringere la cinghia?

r – Beh, qui si sta parlando principalmente di locali, in cui non si paga un ingresso vero e proprio. L’unica spesa, diciamo così, è sul bere. Pertanto, non è che ho notato questo grosso calo.

d – Quest’estate c’è stato il problema degli ombrelloni, ma lei, dalla consolle, tavolini vuoti non ne ha visti granché.

r – Devo dire di no. La gente la vedo sempre abbastanza presente.

d – E il mondo della radio potentina, è cambiato?

r – Quella è l’unica cosa che rimpiango, la radio. Perché comunque, a Potenza, negli anni 80-90, ce n’era più di qualcuna. E avevamo anche una buona professionalità. Ma poi, ovviamente, nel tempo le cose si perdono. In radio, oggi, è ormai tutto molto tecnologico, tutto digitalizzato. Molto più facile anche da realizzare, a mio avviso.

d – Un tempo la radio era il vero “social network”, no?

r – Esatto, partiva tutto da lì. Adesso ormai molto si gioca sulle piattaforme digitali, i ragazzi ascoltano principalmente quelle. Invece ai nostri tempi, la radio era l’unico veicolo per ascoltare i nuovi successi. Per chi la radio la fa, però, oggi è molto più facile, e anche più “spontaneo”, perché adesso molte emittenti sono anche tv.


d – E il rapporto con chi ascolta è cambiato?

r – No, anzi direi che il pubblico è anche più presente e a diretto contatto, grazie ai messaggini. Anni fa, invece, bisognava chiamare in diretta e cose del genere.

d – Qual è l’identikit del “giovane” (e non) che va in discoteca e nei locali, rispetto a una trentina di anni fa?

r – Mah, devo dire che forse trent’anni fa, quando venivano in discoteca, si divertivano davvero. Adesso, invece, è più che altro un modo di passare la serata. Forse perché un tempo la discoteca era l’unica attrattiva; oggi i locali che fanno musica sono ovunque, quindi alla fine… i ragazzi la musica la seguono, ma non c’è passione, perlomeno nel ballare. Trenta, quaranta anni fa, invece, c’era il piacere di andare a ballare. Al giorno d’oggi, forse, una cosa del genere accade solo con i balli caraibici.

d – Il ritornello nostrano è sempre quello: “A Potenza non si fa mai niente”.

r – Beh, questa estate ci sono state un po’ di manifestazioni, si cerca comunque di fare qualcosa. A livello di locali, diciamo che ci sono e che comunque si organizza qualcosa, dai live ai DJ set, quindi credo che su questo la gente non si possa lamentare.

d – In ambito “movida” notturna si è parlato molto del “cambiamento” dei nostri giovani: è un tema molto attuale in città, che desta anche preoccupazione.

r – Da quello che posso notare io, non credo sia tutto demonizzare, anzi, questi giovani li vedo anche molto legati tra loro e abbastanza attivi. Certo, possono esserci delle situazioni che -d’altronde- abbiamo vissuto anche noi ai nostri tempi, ma per il resto non la vedo così tragica. In generale, a Potenza il panorama lo vedo buono, la città è viva. Forse, l’unica cosa, la gente dovrebbe apprezzare di più quello che si fa.

d – Un aneddoto particolare, della notte potentina, che le va di raccontarci?

r – Beh, sarebbero tanti. Su due piedi mi viene in mente quando ospitammo Nina Moric al Basilikos (in quel periodo ne curavo la direzione artistica). Con lei c’era Fabrizio Corona, ma all’epoca (anni prima delle ben note sue vicende), pensi un po’, lui era solo “il fidanzato” della Moric. E se ne stava lì, mangiava banane e non faceva avvicinare nessuno.

d – Un personaggio potentino, invece, che le va di citare?

r – Senz’altro Pino Quartana, uno speaker molto professionale (ha lavorato anche in Rai); successivamente ha fatto un passaggio tra radio e teatro, e anch’io l’ho seguito. Siamo stati fuori in Spagna un po’ in giro per l’Italia.

d – Se dovesse mettere sul piatto un disco per la sua Città, oggi quale sarebbe?

r – Boh? Al momento mi viene “Bruci la città” di Irene Grandi (visto che si parla di “città”). E tra l’altro mi ricorda di una volta che misi questo pezzo a Radio Sud, e in studio ci divertimmo da pazzi…
DI WALTER DE STRADIS

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