Domenica 27 gennaio, alle ore 18,30 primo appuntamento del nuovo anno di “Le mostre del MUSMA 2007 – 2008”.
Dopo la parentesi natalizia con l’esposizione dei “presepi d’artista” di Guido Strazza e Bruno Conte, il Salone della Caccia e altre sale del MUSMA ospiteranno i manifesti, i cataloghi, le immagini e i documenti che raccontano mezzo secolo di una delle più note gallerie d’arte, “L’Attico” di Bruno e Fabio Sargentini, attiva a Roma dal 25 novembre 1957.

 

 Il padre, Bruno, approda dall’Umbria a Roma, percorrendo diverse strade (maestro elementare, laureato successivamente in giurisprudenza, Deputato al Parlamento) ma con un’unica intensa passione per l’arte contemporanea sfociata nel novembre del 1957 nella fondazione della galleria nella sede di Piazza di Spagna.
La passione, trasmessa al figlio Fabio appena diciottenne, acuisce i suoi sensi, facendogli intuire in anteprima, con l’astuzia propria di un vero “mercante” che è anche uomo di cultura, l’evolversi del gusto nel corso degli anni. Dall’inaugurale mostra sull’Informale, al Surrealismo, acquisisce fama internazionale in pochissimi anni grazie all’amicizia con tantissimi nomi del panorama artistico: Matta, Guttuso, Leoncillo, Fautrier, Masson, Fontana, Permeke, Mannucci, Gentilini, Capogrossi, Magritte, Mafai, Brauner, Canogar.
La differenza generazionale tra padre e figlio comincia ad evidenziarsi presto proprio nelle divergenti scelte sugli artisti da promuovere.
Bruno, nel 1966, apre la Galleria Senior e si trasferisce in Via del Babuino. Tra i due, non c’è un passaggio di testimone, ognuno vive attraverso strade diverse e parallele il proprio amore per l’arte.


Fabio continua ad esporre all’Attico affiancandosi ad artisti della sua generazione, con i quali condivide sogni ed amicizie. Inizia l’era delle mostre sperimentali, delle personali che hanno fatto la storia dell’arte di quegli anni: Pascali, Kounellis, Pistoletto, Mattiacci, senza dimenticare il cinema, la musica elettronica, la danza.
Il 21 dicembre 1968 lascia piazza di Spagna e inaugura la Galleria Garage di via Beccaria dove Jannis Kounellis espone dodici cavalli vivi, Mario Merz un igloo, strutture in metallo e vetri, fascine, una balla di fieno attraversata da un tubo di neon, un cumulo di terra attraversato da una rete metallica e l’automobile usata per il viaggio da Torino a Roma, Eliseo Mattiacci schiaccia con un rullo compressore giallo un mucchio di sabbia formando una scia che dall’ingresso si estende fino all’interno della galleria, Sol Lewitt i Wall Drawings, Gino De Dominicis i lavori invisibili e Mozzarella in carrozza, Denis Oppenheim Quindici film e otto collages, Jean Tinguely le Sculture 1960-1964, affiancandovi performance, festival di danza, volo, musica, dinamite, concerti, dibattiti, proiezioni di film e video. Nel 1972 il Garage di via Beccaria ha un ulteriore punto di riferimento nella Galleria di via del Paradiso, senza mai calare di intensità e di impegno. Le innovazioni, al contrario, sono continue, come “Lavori in corso” (1970), la mostra in cui il pubblico è invitato a visitare la galleria durante i lavori di ristrutturazione, D’IO di Gino De Dominicis è una risata omerica che risuona nella galleria vuota, Gilbert & George allineano le Living Sculptures, Paolini La doublure, Luigi Ontani lavori fotografici, brevi azioni e tableaux vivant.

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