Qualche giorno fa, Gianni Pittella, che, come me, è un eurodeputato residente in Basilicata, ha rilasciato un’intervista ad un quotidiano locale sullo scandalo petrolio e sul referendum contro le trivelle di domenica prossima.
Alcune sue affermazioni hanno dell’incredibile.“Come lucano, prima che come politico, – ha dichiarato nell’intervista il capogruppo del S&d a Bruxelles – sono a disposizione delle istituzioni nazionali e regionali per portare in Basilicata i migliori esperti europei e mondiali per garantire i massimi standard nel monitoraggio ambientale, la magistratura vada avanti senza guardare in faccia a nessuno”.
Com’è possibile dire questo dopo che dal 1999 Pittella è seduto nei banchi del Parlamento europeo e non si è mai occupato delle conseguenze provocate dalle estrazioni petrolifere in Basilicata? Il petrolio si estrae dal 1998 e – nonostante le denunce dei cittadini, degli ambientalisti e del M5s – Pittella ha sempre ignorato gli allarmi che venivano lanciati per i danni alla salute pubblica e all’ambiente e se non fosse intervenuta la magistratura tutto sarebbe continuato in silenzio.
Altro tema, Pittella ha affermato: “Il petrolio è e deve rappresentare per la Basilicata e i suoi cittadini una fonte importante di sviluppo e crescita. Pensiamo all’indotto e a quante famiglie lavorano nel comparto”. Pure in questo caso, il capogruppo del S&d, è fuori strada e fa solo propaganda. Tutti i dati dimostrano che il petrolio non solo non garantisce sviluppo e posti di lavoro, ma provoca povertà e devasta il territorio. La conferma arriva dall’impianto di estrazione Eni della Val d’Agri, che è molto più grande di quello Total in costruzione a Tempa rossa. Lì, le attività petrolifere, dopo oltre 20 anni, non hanno portato nessun beneficio alla Basilicata, in quanto era ed è la regione più povera d’Italia e in più ha perso migliaia di giovani e cittadini che sono emigrati. Inoltre, sono state chiuse migliaia di piccole aziende agricole ed è stata bloccata qualsiasi possibilità di sviluppo turistico.
Poi, Pittella ha svelato perché gli importava poco di quello che succedeva in Basilicata: “Il petrolio non è il nostro nemico – ha sostenuto nell’intervista -, dobbiamo pensare a quel 60-70% di fabbisogno energetico che non riusciamo a coprire con le rinnovabili”. Anche su questo chiediamo a Pittella di documentarsi meglio. Infatti, dovrebbe sapere che, secondo un report del Fondo monetario internazionale, i soldi pubblici stanziati in Europa in favore delle compagnie petrolifere ammontano a 330 miliardi di dollari all’anno. Una montagna di soldi versata ai petrolieri grazie a sussidi, finanziamenti per infrastrutture, gasdotti e depositi (a livello globale sono oltre 5 mila miliardi di dollari i finanziamenti per carbone, petrolio e gas). Questo enorme regalo alla lobby del petrolio produce – direttamente e indirettamente – un aumento del 20% delle emissioni globali di Co2. Con un loro taglio si libererebbero risorse che porterebbero a una crescita del Pil mondiale del 3,5%. Le lobby delle fonti fossili sono potenti, bisogna avere però il coraggio di realizzare una politica che abbia a cuore l’interesse generale. Se si investisse in ricerca sulle energie rinnovabili, l’Italia avrebbe già raggiunto l’indipendenza energetica grazie al sole, al vento, alle maree, alla geotermia. Inoltre, un miliardo di euro investito in petrolio e gas genera appena 500 posti di lavoro. Lo stesso miliardo, investito in energie rinnovabili ed efficientamento energetico, porta invece ben 17mila posti di lavoro.
Un’altra considerazione: le risposte di Pittella sono evasive e ambigue, generiche e superficiali.
Sembra che il più votato alle europee del Pd, dopo 17 anni a Bruxelles e vari anni di attività politica di primo piano in Italia e in Basilicata, sia sceso dalla luna e non abbia contribuito anche lui a definire gli accordi sul petrolio siglati a Potenza e a Roma con Eni e Total. Sembra anche che non abbia mai avuto contatti e rapporti con Vito De Filippo, Filippo Bubbico e suo fratello Marcello Pittella, gli ultimi tre governatori Pd della Basilicata. Gli stessi che, più di tutti, dovevano evitare che lo scempio Trivellopoli lucana venisse perpetrato.
Per concludere, ci fa piacere prendere atto che Pittella domenica prossima andrà a votare per il referendum sulle trivelle e ha deciso di non ascoltare il suo amico Renzi che, vergognosamente, ha invitato gli elettori ad astenersi.
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