L’idea lanciata dal Presidente Pittella di trasformare Sviluppo Basilicata in una finanziaria regionale sul modello di Finlombarda è certamente suggestiva.   

Lo strumento, da precisare nei contenuti e soprattutto nella “mission”, permetterebbe di rispondere ad alcune necessità finanziarie delle aziende e dei cittadini, in particolar modo nei settori in cui le banche non vogliono o non possono farvi fronte. Un esempio su tutti è quello delle anticipazioni dei crediti vantati nei confronti degli enti pubblici strozzati dal patto di stabilità, oppure è il caso dell’abbattimento degli interessi sui mutui contratti dai privati a basso reddito. Inoltre vi sarebbe la possibilità di erogare prestiti o garanzie a condizioni agevolate, mettendo insieme risorse regionali e comunitarie, ma anche della Banca europea degli investimenti e delle banche presenti in Basilicata, per lo sviluppo di linee di credito e strumenti finanziari innovativi a sostegno della crescita del territorio lucano e del suo sistema produttivo.

Evidentemente per guardare al futuro, è necessario compiere una valutazione delle azioni messe in campo nel passato in tali settori, a tal fine come Uilca riteniamo sia utile la costituzione di una task force sul credito, per far si che le istituzioni regionali avviino una discussione ed un confronto con tutti i soggetti coinvolti. Tale organismo ad esempio permetterebbe di facilitare la partecipazione delle aziende e dei cittadini a molte misure di sostegno agli investimenti contenuti nei bandi pubblici, dove la richiesta di una certificazione della situazione finanziaria da parte di una banca, può diventare un ostacolo insormontabile per alcuni imprenditori.
Nella proposta di Pittella ritroviamo punti in comune con la nostra di un Fondo sovrano regionale che nasce dalla straordinarietà ed eccezionalità degli introiti derivanti da risorse naturali. Un ‘fondo sovrano’ in cui riversare le risorse rivenienti dai proventi dei ‘beni comuni’ ,gestito con competenza ed a proiezione di lunga durata e titolarità del popolo e delle famiglie lucane. Il modello è quello norvegese tradotto nelle competenze e nella strumentazione regionale. La scelta del Fondo sovrano regionale è ispirato da due sentimenti-guida. Quello della generatività delle commodities da far attecchire alla economia delle famiglie e delle imprese lucane, massimizzandone i risultati. E poi il sentimento della generosità e della ‘distesa sul futuro’ spostando quote cospicue degli introiti verso le nuove generazioni. Il Fondo, arricchito da un impiego prudente sul mercato finanziario alimenta un flusso di risorse utili, sia come accumulo di ‘previdenza sociale’per i cittadini lucani e sia per costituire uno stock di risorse a ‘tesoreria regionale’, da investire nello sviluppo del territorio. Esperienze straniere (ad esempio quella dell’Alberta Heritage Savings Trust Fund) mostrano che per ogni euro depositato nel fondo, si possono creare circa 1,7 euro di redditi da investimenti finanziari, riversati sul territorio anche come investimenti per lo sviluppo. L’aggregato delle cifre incamerate dalla regione nei prossimi anni e che potrebbero essere conferite al Fondo è notevole.
Nei prossimi 10-20 anni l’indotto del barile petrolifero genera 12-14 miliardi di euro, comprensivi dell’introito dell’ Ires ottenuto con la negoziazione sullo Sblocca Italia. A questi valori si possono aggiungere ulteriori risorse rivenienti da politiche di valorizzazione dell’acqua (e dalle concessioni per lo sfruttamento di acque minerali attualmente incassate dalla Regione) e dei prodotti delle foreste demaniali (quantificabili in circa 18,6 Meuro di introiti all’anno). Il Fondo rimarrebbe investito fino alla sua scadenza (fra 70-80 anni) e, con una gestione accorta (Norway Model), potrebbe avere un rendimento annuo medio prudenziale del 3-4% e quindi fruttare, a scadenza, circa 58-60 miliardi. Da esso potrebbero generarsi valori alimentati da project bonds e da project financing destinabili ad interventi di sviluppo con una “potenza di fuoco” di almeno 150 Meuro all’anno. Insomma riunire, preservare ed arricchire le rivenienze dai ‘beni comuni’. L’obiettivo del Fondo non è quello di erogare immediatamente provvigioni ai cittadini, ma di creare una riserva di valore crescente, da spendere quando il petrolio scemerà, per ristorare le future generazioni, stimando una curva di invecchiamento della popolazione.
Una prima ipotesi è quella di una Banca regionale di sviluppo, a formula mista pubblico/privata, qualificata come ‘finanziaria regionale’ iscritta all’albo degli intermediari finanziari, tenuto dalla banca d’Italia. La Banca è depositaria sia della quota cospicua del Fondo vincolata a lungo termine per le finalità di ristoro delle nuove generazioni e sia delle quote del Fondo di “breve periodo”, erogabili per finalità anticicliche o per lo sviluppo economico. L’Istituto bancario ha un raggio di azione prioritariamente dedicato al territorio lucano e non esclude anche altre regioni, purché i relativi progetti di investimento siano generatori di entrate ai sensi dei regolamenti comunitari (mentre tale vincolo non esiste per i progetti relativi alla Basilicata). La nuova Banca agente sulla base di direttive del Consiglio Regionale, sorvegliata da un Comitato etico-professionale e da tavoli di rappresentanza sociale diventa una sorta di company-holding con più funzioni concentrate nell’ impiego del trust di risorse derivate dai ‘beni comuni’.
Come Uilca Basilicata sosteniamo da tempo la necessità di migliorare il rapporto fra sistema Bancario e territori, in specie per quelli marginali come la Basilicata, dove alla chiusura delle filiali ha corrisposto una perdita sociale ed economica per le nostre comunità. Questa è sicuramente un’opportunità da non farsi sfuggire e la task force proposta può assolvere a questo compito.
Antonio Castello, segretario regionale UILCA-UIL Basilicata

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