Altissimo, ma tutt’altro che altezzoso, il pilota potentino Antonino La Vecchia, oggi sessantaduenne, è stato tre volte campione italiano di cronoscalata, nel gruppo super-salita (dal 1996 al ‘98). Si è ritirato “imbattuto” a fine 1998, con ben trentatré vittorie consecutive, e col primato di aver vinto il Trofeo Valcamonica (la Malegno-Borno), unico Alfista, dall’istituzione del campionato europeo (1957) a oggi.
Per vent’anni, di corse automobilistiche non ne ha più voluto sapere («Smettere di correre è come smettere di fumare»), per poi tornare, solo di recente, a gareggiare con le auto d’epoca.
Da anni scrive per riviste specializzate, fa il testimonial e il commentatore Tv (anche per Sky), ed è anche molto impegnato, come vedremo, nel sociale.
d: Come giustifica la sua esistenza?
r: Forse è brutto dirlo, ma sono uno a cui piace la velocità, per cui affronto tutto in maniera veloce. E’ anche il motivo per cui mi innamorai delle auto, anche se, detto tra noi, non avrei mai pensato di correre.
d: Eppure è figlio d’arte (suo padre è il noto pilota Leandro la Vecchia).
r: Lo sono. Da piccolo ero un grande appassionato e seguivo mio padre, ma le corse mi sembravano una cosa troppo seria, troppo “da grandi”, non alla mia portata, insomma. Come accennato, però, amavo la velocità, e –ahimè- con l’auto correvo parecchio per strada, ma inizialmente non pensavo alle gare, perché non mi piace la competizione. E pensare che più tardi, invece, mi sono trovato a competere contro alcuni miei vecchi idoli! Cominciò tutto nel 1987…mi convinsero gli amici.
d: Qual è stato il momento in cui ha capito che le corse sarebbero state la sua vita?
r: E’ sempre stato così, fin dalla prima gara a Monza, a cui mi iscrissi di nascosto da papà: lo chiamai col telefono a gettoni solo dopo le prove, perché non capivo bene come fare la “parabolica”. Lui mi diede il consiglio giusto e vinsi quella prima corsa. Da lì partì tutto. E quella volta ero completamente solo, senza amici, senza nessuno.
d: Come ben sa, solitamente a un Lucano che ha avuto successo si chiede sempre “E’ stato più difficile per lei, che è partito dalla Basilicata?”. Nel suo caso, forse, è accaduto il contrario: ai suoi tempi qui c’erano molte più cose, c’era l’Abriola-Sellata…insomma, il suo settore, rispetto a oggi, era molto più vivo.
r: Esatto. Noi siamo un po’ tutti figli dell’Abriola-Sellata, nonché del presidente Aci, Solimena, e di mio padre, che vollero fortemente questa gara nel 1971. Divenne un classico, ancora oggi famosissimo, e ne conseguì tutto un filone di personaggi, piloti, meccanici, preparatori, ingeneri (alcuni di loro hanno lavorato in Ferrari). E quindi, sì, oggi è più difficile perché l’Abriola-Sellata non c’è più, ma il tema da lei accennato è molto più complesso. Un mio amico lo chiama “il paradigma culturale lucano”: abbiamo questa cosa di lamentarci, di far sembrare le cose più difficili (che poi lo sono), laddove invece ci vorrebbe un minimo di positività. Anche se è facile a dirsi. Per me iniziare fu più facile, perché a ventun anni presi la valigia e me ne andai. Mi trovavo a Milano e Monza era vicina…
d: Mi spieghi perché l’Abriola-Sellata non si fa più.
r: Beh, perché per organizzare una gara del genere (assente dal 2002) ci vogliono tanti soldi. E’ tutto un apparato costoso, e in genere quei soldi arrivano dalle sponsorizzazioni. E mentre al Nord è più facile trovare il privato che ti finanzia, qui da noi lo sponsor principale sono sempre state le istituzioni, Comune, Provincia e Regione. Dopo la scomparsa del Presidente Solimena, a un certo punto non c’erano più le persone capaci di coinvolgere le istituzioni.
d: Eppure quella gara era assurta a livelli europei, e questo implica tutto un indotto, anche turistico…
r: Certo. Da conteggi che ho fatto, se calcoliamo un paio di persone a pilota (ma sono anche di più), e tutto l’entourage e il personale necessario alla competizione, parliamo dell’arrivo di circa duemila persone in un solo weekend. E tutto ciò avveniva quando alla Sellata non c’erano né alberghi né altro. Oggi, per assurdo, quelle strutture ci sono, e non si fa più nulla. Tutto il percorso, poi, è estremamente rovinato: c’è un preventivo di 600mila euro per rimettere a posto l’asfalto. Nonostante tutto, anche considerando questi finanziamenti che stanno arrivando da ogni dove, io rimango convinto che qualcosa si possa fare. Poi magari toccherà a noi, campioni lucani (ce ne sono diversi), cercare di promuovere una nuova Abriola-Sellata, attirando piloti, team etc.
d: La politica vi ha mai cercato? Sicuramente vi ha chiesto di candidarvi…
r: Nel mio caso sì, ma non è una cosa che mi interessa, non mi piace, non ne sono capace…
d: Ma vi hanno chiesto, non so, dei consigli?
r: Sì. Devo dire che mi ha molto impressionato l’assessore comunale allo sport Blasi, che organizzò un tavolo di discussione al quale erano presenti tutti gli esponenti di spicco delle varie categorie. Per questo confido molto in questi giovani aperti di mentalità, anche perché magari hanno avuto modo di vivere fuori, ed è una cosa che ti apre la mente.
d: Cosa si potrebbe “importare” da fuori, secondo lei?
r: Non saprei dirlo, ma certo noi abbiamo un territorio meraviglioso, che –ahimè- ancora oggi non è conosciuto (se si fa eccezione di Matera e di Maratea). Perlomeno dal punto di vista turistico si può fare moltissimo.
d: E come la mettiamo con la situazione delle strade lucane (quelle non da corsa)?
r: Parliamoci chiaro, è un po’ così dappertutto: i Comuni sono disastrati e non ci sono le risorse per mettere a posto, anche se io rimango convinto che a molte cose si può ovviare con un camioncino, due operai, pala, asfalto e tanta buona volontà. E’ una questione di cultura. A Lago Verde, in provincia di Trento, mi impressionò questa stradina piena di “venuzze”. Mi chiedevo cosa diavolo fosse e così appresi che la gente del posto riversava del bitume dentro le incrinature del manto stradale, affinché d’inverno non ci entrasse l’acqua e non gelasse. Ecco, a noi manca anche un po’ la cultura della prevenzione. Inoltre, noi siamo una regione di montagna e tutto diventa più difficile.
d: Lei è animatore di un’associazione che si chiama “Progetto Basilicata” …
r: Sì, che a sua volta ha un gruppo su Facebook con oltre settemila iscritti, anche di fuori regione. I membri fondatori dell’associazione (siamo in trentasette) sono tutte persone con un elevato livello di competenze (ciascuno nel proprio settore), e ognuno dà il proprio contributo per valorizzare il nostro territorio e tutte le persone che ci vivono.
d: Ma cos’è, l’ “anticamera” di un partito?
r: Assolutamente no. Anzi, approfitto per chiarire che un partito, non so come, ha preso il nostro stesso nome (che era già registrato); la cosa si risolverà presto, ma posso garantire che noi con la politica non c’entriamo nulla. Soprattutto io, come dicevo. Anche se, per essere onesti, ho comunque capito che ciò che noi stiamo facendo per il territorio, disinteressatamente, alla fine comunque si chiama “politica”. Ma non è una scusa per candidarsi.
d: Ma non lo escludete.
r: Per la mia persona, lo escludo. Siccome, però, stiamo tirando fuori buoni progetti e non abbiamo l’intenzione di “tirare la giacchetta” a nessuno… se ci saranno persone davvero competenti e capaci, perché no, si potrebbe pensare anche a un movimento civico. Questa cosa non la escludo.
d: Se potesse prendere Bardi sottobraccio cosa gli direbbe?
r: Le problematiche sono tante, a cominciare dalla sanità (anche se qui abbiamo un ospedale meraviglioso), alle strade, al turismo. Proprio ieri ho letto dello spostamento ad altro incarico di un giovane assessore regionale…
d: Si riferisce a Galella? (“Spostato” da Attività Produttive e Sport, all’Agricoltura, a seguito dell’entrata in giunta di Casino – ndr)
r: Sì, un giovane che conosco personalmente e che si è impegnato col cuore e ha messo in campo progetti bellissimi…però ora tutto questo lavoro rimarrà a tre quarti …e che fine farà? Queste sono le nostre problematiche: le persone capaci e volenterose dobbiamo tenercele strette. Io poi a Potenza ho a cuore la problematica, annosa, delle contrade, collegate male, con pochi servizi… Io so solo una cosa: ho girato tanto e posso garantirle che il nostro territorio è fantastico. Abbiamo acqua, petrolio, verde, Storia, abbiamo Matera… E siamo in pochi. Dovremmo essere una piccola Svizzera, dovremmo essere tutti ricchi e invece siamo poveri. E questo fa rabbia. Siamo un popolo con grande dignità, ma dovremmo avere maggiore consapevolezza delle nostre risorse.
d: Quale “desiderio” vorrebbe che San Gerardo le esaudisse?
r: Che a Potenza si mettessero a posto tutte le strade, tutte le buche. Ci sono tante piccole problematiche che si potrebbero mettere a posto davvero con poco. Comunque, il Santo Patrono dovrebbe anche farci cambiare un po’ mentalità. Come dicevo, siamo un po’ troppo abituati a piangerci addosso.
d: La canzone che la rappresenta?
r: “Sono ancora qua” di Vasco Rossi. Dopo vent’anni di fermo totale, rieccomi qui.
d: Il film?
r: Quello che mi ha fatto capire l’adrenalina del motor-sport: “Le 24 Ore di Le Mans” con Steve McQueen. Era il 1971: entrai al cinema “Fiamma” che erano le tre, e mio padre mi vene a prendere alle dieci mezza di sera, dopo che me l’ero visto tre volte!
d: Il Libro?
r: Mi piace leggere di viaggi.
d: Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?
r: “Veloce”.
di Walter De Stradis