Perché si dice che la foto può essere "lo specchio dell’anima"? Quanto la luce e l’ambiente influenzano il fotografo che si propone come obiettivo la rappresentazione dell’identità? Con il passaggio dall’analogico al digitale la fotografia ha veramente cambiato modalità e filosofia di rappresentazione?
Sono solo alcune delle domande che gli studenti dell’Istituto d’Arte di Potenza, insieme ai partecipanti, amatori e fotografi professionisti, al premio internazionale di fotografia "Viaggio in Basilicata", hanno rivolto a Roberto Mutti, critico fotografico e presidente della giuria del Premio, ed a Francesco Radino, fotografo e coordinatore scientifico della manifestazione voluta dal
Consiglio regionale della Basilicata.
L’occasione per questo confronto è stato il workshop che ha preceduto la cerimonia di premiazione della manifestazione dedicata quest’anno al tema "Il dialogo interculturale: la percezione dell’altro". Roberto Mutti ha presentato un lavoro focalizzato "sul ritratto come rappresentazione dell’identità", spiegando tra l’altro che "il ritratto non è la somma di elementi fisici, naso, occhi, bocca, capelli, ma la cifra di ciò che si è, il traduttore della coscienza, l’interprete della personalità". Ha inoltre sostenuto che "ogni ritratto è la somma di due sguardi: quello del fotografo e quello del fotografato".
Francesco Radino ha parlato invece del progetto realizzato nel 1999 dopo un viaggio a Schimane, in Giappone, "sulle tracce dello scrittore americano Lafcadio Hearn e delle sue ricerche sulla cultura giapponese". "La foto – ha spiegato Radino rispondendo alle domande del pubblico – è strumento di percezione, finestra sul mondo: la si osserva, la si definisce, la si interpreta in un percorso che attraverso l’altro porta alla conoscenza di se".
Scrivi un commento
Devi accedere, per commentare.