“Il mio sogno è quello di tornare al più presto a casa.” A parlare è Maria,una giovane donna africana. Abbiamo la stessa età io e lei, ma basta guardare i suoi occhi e le sue mani, per capire quanto è diversa la sua vita dalla mia. Una storia come tante la sua, di un rapporto con una persona anziana che nasce dalle necessità della vita contemporanea, in cui la famiglia non può permettersi il tempo di curare l’anziano genitore, ma piuttosto è disposta a spendere una cifra mensile affinché qualcuno possa badare alle sue esigenze. Maria fa la badante, si occupa di un vecchina,ogni giorno la accudisce, si prende cura di lei, l’aiuta ad alzarsi,le dà le medicine,le prepara il pranzo,semplicemente le sta vicino e condivide con lei la sua vita. Un esercito silenzioso, quello delle badanti, volti sconosciuti che entrano nella vita degli anziani, spesso in concomitanza con eventi drammatici che trasformano la loro vita attiva (autonoma), come malattie o infortuni. Queste donne arrivano da diverse parti del mondo , tutte accomunate dallo spirito di sacrificio e di adattamento, decise ad affrontare un viaggio per sopravvivere e non per morire. Sono centinaia, migliaia le ragazze che fuggono ogni anno da realtà difficili,per il miraggio di pochi euro al mese. Meglio partire, salutare la famiglia che si rischia di rivedere chissà dopo quanti anni, sapendo però di aver buone probabilità di lavorare, guadagnare dei soldi da inviare quasi tutti casa.
“Il mio è un paese dove c’è la guerra, dove c’è tanto bisogno. Quante lacrime all’aereoporto e quanti sacrifici per mettere via i 1200 euro necessari per prendere il volo”. Quando chiedo a Maria del giorno della partenza, gli occhi le si fanno lucidi, ma lei, fiera, risponde che non aveva paura, che l’unico timore era quello della lingua, di non riuscire a farsi capire. Sapeva che l’aspettava un mondo tanto diverso dal suo, che rispetta e in cui si è adattata,ma le mancano, le sue radici.
Quando le chiedo cosa le manca, mi risponde che le manca la sua casa,una capanna fatta di legno.”Noi non abbiamo i palazzi, non abbiamo tante cose, ma abbiamo l’amore;qui la gente non ha mai tempo, tutti scappano, tutti vanno di fretta e non riescono a passare che pochi minuti insieme”. “Noi abbiamo famiglie numerose, le ore corrono felici. Poi nella sua voce, un velo di tristezza, “Riesco a sentirli solo una volta al mese.Io a casa mia ho i miei nipotini e la mia famiglia e lì mi aspetta mio marito”. Maria è incinta, all’ottavo mese. Anna, la sua bambina nascerà in Italia e il suo papà e i suoi nonni potranno vederla solo in fotografia. “Appena nasce manderò le foto ‘subitissimo’ ”, mi confida. “Tutti questi sacrifici, la lontananza servono per avere qualche sicurezza in più, i soldi guadagnati serviranno per dare un futuro migliore ai miei figli”.

 

giovanna colangelo

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