Con il quale s’invita il Governo e il Parlamento di investire i fondi del Recovery Fund (Programma Next Generation EU) per sanare le disuguaglianze nel nostro Paese – ha affermato Antonello Fiore, geologo, Presidente Società Italiana di Geologia Ambientale – e avviare concretamente programmi di rilancio economico e coesione sociale attraverso lo sviluppo sostenibile e tecnologico, applicando i parametri scelti per attribuire le risorse (disoccupazione, reddito pro-capite, popolazione, perdita cumulata di PIL), si propone di assegnare 111 dei 209 miliardi di euro al Sud. Un dato, non una rivendicazione; una denuncia, che invita a por fine allo spreco di enormi potenzialità, ad arrestare la disgregazione frutto del crescente divario Nord-Sud e di quello, ancor più preoccupante, tra Italia ed Europa, che coinvolge anche le regioni settentrionali.
Abbiamo voluto rendere centrale, nel Manifesto, tra le altre cose, la fragilità geologica del nostro territorio, esposto ai pericoli naturali come quello vulcanico, sismico e idrogeologico con alluvioni e frane. Sono questioni strategiche per lo sviluppo sociale ed economico che non possono essere prese in considerazione solo nel post evento e solo per la gestione delle fasi emergenziali e di ricostruzione, ma vanno assolutamente definite in fase di previsione e prevenzione. L’Italia ha una conformazione geologica per la quale le principali pericolosità geologiche si manifestano con una serie di eventi – ha proseguito Fiore – che rappresentano il naturale evolversi e formarsi del paesaggio e dei territorio che abitiamo; dalla ricostruzione del dopoguerra abbiamo avuto uno sviluppo non rispettoso degli scenari che questi pericoli naturali definivano e li abbiamo trasformati in rischi per il nostro tessuto socio economico e per la nostra stessa vita. I dati dicono che ancora nel 2020 in Italia per frane e alluvioni sono morte 12 persone oltre a 1 disperso e ben 18 feriti.
Abbiamo necessità di imparare dal passato per agire nel presente e progettare il futuro; dobbiamo risanare gli errori del passato per una rigenerazione urbana e realizzare le nuove infrastrutture in totale sicurezza; dobbiamo monitorare i fenomeni naturali per meglio prevenire i loro effetti e sviluppare un sistema di manutenzione indispensabile a garantire la sicurezza costante, dobbiamo potenziare gli istituti di ricerca, le strutture tecniche degli enti centrali e periferici per creare un processo (scelte – progetto -realizzazione – manutenzione) più agile e più corrispondete alle esigenze di una società che guarda con consapevolezza al suo futuro e guarderà con fierezza al suo passato.
Abbiamo bisogno di passare dalle emozioni e dagli annunci alle azioni senz’altro indugiare, per questo abbiamo voluto coinvolgere per questi aspetti tre dei massimi esperti nazionali dei pericoli naturali”.
Ed ancora il rischio vulcanico :
“Il rischio vulcanico in Italia è estremamente variabile, poiché dipende dalla natura e dalla localizzazione degli apparati vulcanici considerati. L’Etna è un tipo di vulcano che non pone rischi immediati per la vita umana, sebbene alcune colate laviche possano talvolta minacciare i centri abitati localizzati nella parte alta del vulcano. Il rischio principale associato al vulcanismo Etneo è quello sismico, legato ai processi vulcanici e alle faglie che contornano il vulcano. I vulcani delle Eolie sono caratterizzati da livelli modesti di esplosività. Gli episodi come quelli verificatesi a Stromboli nel luglio e agosto 2019 sono però imprevedibili – ha concluso Giuseppe De Natale, Dirigente di Ricerca INGV, già Direttore Osservatorio Vesuviano, Napoli – e molto rischiosi per i turisti che affollano l’isola vulcanica. L’isola di Stromboli, con il fianco estremamente instabile della Sciara del Fuoco, rappresenta inoltre la maggiore sorgente di rischio tsunami nel Mar Mediterraneo, in cui gli eventi massimi costituiscono una minaccia d’incredibile portata per le coste di tutto il Mediterraneo. Anche i vulcani sottomarini, numerosi nel Basso Tirreno, sono potenziali sorgenti di tsunami, sebbene di minore pericolosità. Il rischio vulcanico più alto al Mondo, però, è quello dell’area Napoletana, per la presenza di molteplici aree vulcaniche caratterizzate da altissima esplosività (fino a VEI 7), estremamente popolate: Vesuvio, Campi Flegrei e Ischia, oltre ad altre possibili sorgenti di eruzioni ignimbritiche nella Piana Campana. Nell’area Napoletana, circa 3 milioni di persone abitano entro una distanza di circa 20 km da una possibile bocca vulcanica. La mitigazione del rischio vulcanico in quest’area rappresenta una sfida unica al Mondo, e può essere ragionevolmente perseguita soltanto diminuendo drasticamente la densità di popolazione residente in queste aree. E’ importante rilevare che queste aree, di enorme valore turistico, culturale e naturalistico, non vanno certo desertificate; il problema è di valorizzarne la fruizione, scoraggiando però nel contempo la residenzialità. In queste aree si deve poter lavorare, fare turismo, cultura e svago; ma stabilendo residenza permanente al di fuori di esse. Solo in tal modo è ipotizzabile predisporre Piani di Evacuazione programmata, in caso di chiari segnali pre-eruttivi, che possano funzionare sia in termini logistici sia economici: considerando anche il carattere empirico e l’intrinseca incertezza della previsione delle eruzioni”.
Scrivi un commento
Devi accedere, per commentare.