Cranio rasato, naso aquilino,
sopracciglia folte, barbetta
e orecchino (triplo): il
quarantanovenne Gianluca Sanza,
musicista-produttore-fonico
dalle mani d’oro, è anche un “volto” molto
riconoscibile della scena lucana.
Se c’è un “operatore” della musica lucana
(nel senso di musica fatta in Lucania) a
360 gradi, quello è lei: cantante, bassista,
produttore, turnista, arrangiatore e…io l’ho
vista anche montare le strumentazioni sui
palchi altrui…
… eh sì, ho fatto anche il fonico live per un po’
di tempo, avendo avuto la fortuna di lavorare
ai concerti con Mango, e anche in studio. Mi
piace vivere la musica in tutti i suoi aspetti. Ho
iniziato a suonare a sei anni ed è sempre stata
l’unica cosa capace di farmi stare bene.
Lei ha citato Mango… in Basilicata è tornata
la “Mango-mania”…
Eh, certo.
Ciò si deve anche alla vittoria sanremese
della figlia Angelina. C’è chi ha detto, a
tal proposito, che Pino era stato a lungo
dimenticato dai lucani stessi. E’ giusto oggi
parlare di “ri-scoperta”?
Pino per me è sempre uno degli artisti più forti
del panorama nazionale. Parlare quindi di
“riscoperta è una grande blasfemia.
Ma è vero, come lamentato da alcuni,
che molti lucani l’avevano messo nel
dimenticatoio?
Beh, sì, perché funziona così. Arrivano le
nuove leve e i cantanti precedenti vengono
dimenticati. Però, ripeto, parliamo di un artista
vero, che rimane un’icona.
E cosa ne pensa di Angelina?
La conosco da quando aveva tre anni,
bazzicando casa Mango, vedevo sempre questo
scricciolo in giro. Ed era già nell’aria che
potesse prendere questa strada.
Quindi non si è stupito quando ha raggiunto
il grande successo.
Assolutamente no. Anzi…
Eppure non manca mai in queste occasioni
chi parla di “bluff”, di “personaggio
costruito a tavolino”.
No, no. Assolutamente no. Angelina è
un’artista a tutto tondo: scrive, compone, si fa
le coreografie. E’ sempre stata molto attenta ai
dettagli.
Torniamo al suo lavoro. Lei ha un suo
studio di registrazione e di produzione,
“CasaluDub”, al Pantano di Pignola; si
chiama così perché la specialità di casa è
proprio il Dub, una variante della musica
Reggae.
Già. Presso il mio studio si fa un po’ tutta
la costruzione di un brano. Si fa il “riddim”
-ovvero la base su cui canta l’artista di turnoe successivamente di ogni brano ne faccio
una “dub version”, ovvero una sorta di remix
del pezzo originale, lavorato con echi, delay,
riverberi a molla, operando il “mute” delle
voci o facendole “entrare” molto “effettate”.
Nelle sue produzioni Reggae-Dub ormai
transitano sia artisti lucani sia nazionali e
internazionali.
Ormai da un paio d’anni lavoro con Marcello
Coleman, ma ci sono anche i Terra Terra Sound
di Ruoti, con cui abbiamo fatto diverse cose.
La domanda antipatica: lei è musicista di
professione, ma queste sue produzioni così
particolari sono riuscite a diventate un vero
lavoro?
A tratti sì e a tratti no. Dipende dai periodi. A
volte si lavora bene, a volte meno.
Immagino che quello studio le sia costato
molto.
Sì, molto, anche perché è in continua evoluzione
e si compra sempre materiale nuovo. Diciamo
che riesco a barcamenarmi.
Ma lì fa solo Reggae e Dub?
No, lo studio è alla portata di tutti, vengono a
registrare artisti Pop, Rap…
Come bassista, lei milita, da ben diciotto
anni, nei Tarantolati di Tricarico, gruppo
di musica popolare, anzi, da quando c’è
lei, di “world music”. Qualcuno le avrà già
chiesto cosa c’entra il Dub coi Tarantolati di
Tricarico.
Per me ogni musica si fonde bene con l’altra.
In alcuni pezzi dei Tarantolati un po’ di reggae
ce lo metto, visto e considerato che la maggior
parte dei dischi li hanno registrati da me…
insomma, io glielo butto lì (ride). Scherzi a
parte, lei ha citato proprio la “world music”,
che è fusione di tante cose, e quindi nella
musica dei Tarantolati c’è la tradizione lucana,
così come anche l’Africa, per esempio.
Da quando c’è lei, i Tarantolati hanno avuto
una svolta nel loro sound.
Sì, perché loro mi hanno dato carta bianca. A
partire dall’album “Abballam’” è cambiato
tutto. Mi dissero che volevano fare qualcosa di
nuovo. E così è stato.
Arrivano le domande “tormentone”: quali
le difficoltà nell’essere “uomo di musica” in
Basilicata?
Le difficoltà nel fare musica si registrano in
tutta Italia, ormai: di live se ne fanno pochi …e
pagati male. Tuttavia, basta crederci, e magari
da una cosa sola farne tre…
…tocca lavorare il triplo.
Certo. Comunque in Basilicata c’è un fermento
pazzesco, tanti ragazzi che suonano, tanti
generi diversi, Rock, Trap etc. Ed è bellissimo.
Chiaramente, però, fare un prodotto
“professionale” è un altro paio di maniche, dal
momento che tutti ormai possono fare musica
a casa. Ci sono invece tanti posti ove recarsi
–non solo il mio- per ottenere un prodotto più
convincente.
Mi risulta però che l’ “ambiente musicale”
lucano sia anche un po’ “pepato”, con
“campanilismi” e anche accese rivalità.
Non è mancato, in queste interviste, chi ha
infatti lanciato un appello a una maggiore
“comunione d’intenti” e collaborazione.
E’ sicuramente un punto dolente, ha ragione.
Io stesso riesco a collaborare con ALCUNE
persone, mentre altre sono più restie a fare
gruppo. Per fortuna, io ho preso la mia strada,
aiutandomi anche con il web e i social, facendo
collaborazioni tanto con Bruxelles (Marcello)
quanto con Livorno (Ali Roots), con Napoli
così come con Ruoti.
Da quando questa domanda ha suscitato
polemiche (specie da parte di chi, in provincia
di Potenza, non si sa perché, si è sentito
chiamato in causa), io la faccio sempre: in
Basilicata bisogna essere “raccomandati”
per suonare, come mi ha detto qualcuno?
Sì, succede, ma non è all’ordine del giorno. Il
problema vero, magari, è quello di creare più
spazi per suonare, specie a Potenza, quello
sì. Dico…anche in mezzo alla strada. Se vai
in Spagna, ci sono i musicisti di strada, e ci
campano anche. Qui, se metti una cassa o una
batteria a Via Pretoria, arriva subito la volante.
E invece che “musica” suona il Capoluogo,
in questo momento?
Beh, credo che dire “una tarantella” ormai è
una cosa inflazionata. Potenza, più che altro,
la vedo una città che suona i “lenti”. Quelli di
una volta, che si ballavano alle scuole medie.
Il “ballo della mattonella”?
Bravo, sì.
C’è forse una preclusione verso alcuni
generi? Da ragazzo ricordo che a Potenza si
suonava solo blues…
…sì, succede che un genere musicale diventi
“moda”. Come accennavo, però, credo che i
ragazzi di oggi siano molto più aperti rispetto
alla nostra generazione. La politica dovrebbe
lavorare di più sulla Cultura, e organizzare un
maggior numero di eventi.
C’è un personaggio lucano, musicista o
tecnico, col quale si sente particolarmente in
debito?
Il primo computer me l’ha messo tra le mani
Peppe De Michele, al secolo “Dj Basileus”.
Lui mi ha aperto davvero la mente, perché
all’epoca i computer in musica li usava solo
lui. Devo a Peppe il mio lavoro.
Prima le ho chiesto un genere, ora mi dica
un titolo di canzone adatto al momento che
vive la Basilicata.
Non è facile. Mmm, direi “Il tempo delle mele”.
Lo motivi.
L’augurio è che maturino, queste mele, e
che si faccia qualcosa di più. Il lento di
quel film poi era bellissimo. di Walter De Stradis

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