Ho pensato a lungo prima di decidere se scrivere o meno questa nota. Ma alla fine credo che fingere che il re non sia nudo non sia la scelta giusta.   

Qualche giorno fa mi è giunta una mail contenente, come allegato, uno dei quotidiani lucani integralmente fotocopiato. Si trattava di un inoltro di una mail (avvenuto verso di me sicuramente per errore) rispetto all’originario invio partito da un mittente con dominio regione.basilicata .it.

La mail giunta a me aveva una trentina di destinatari è quella inoltrata più o meno altrettanti. Senza considerare che al primo pure da qualcuno sarà arrivata e che magari qualcuno che come me l’ha ricevuta pure l’avrà inoltrata, se solo in questi due passaggi ognuno ha fatto lo stesso, sono state immesse in giro 900 copie di giornale “pirata”: una “tiratura” tale da far consolidare o saltare i conti di una piccola azienda editoriale quali sono quelle lucane.
Non intendo fare o prestarmi a speculazioni politiche. Anche per questo non dico di quale segreteria fa parte il mittente originario. E aggiungo di ritenere normale che, al fine di tenere informati tempestivamente su quanto di proprio interesse i vertici politici di un ente, magari in giro per l’Italia per servizio, un ufficio stampa possa attrezzarsi per consegnare telematicamente un giornale. Ma diffondere così indiscriminatamente copie ad amici, compagni di partito o di affari e parenti un prodotto, rende, a mio avviso, chi lo fa non diverso da chi “pirata” musica, film o videogame, con l’aggravante che, come testimonia il mittente, l’autore ha un’impronta istituzionale.
E mi chiedo poi: la Regione da tempo assicura di star lavorando a una legge a sostegno dell’editoria, con tutti i rischi dell’assistenzialismo, della discrezionalità e le difficoltà economiche del caso. Poi comportamenti di questo tipo minano la capacità di aziende, tutte alle prese con la crisi, di stare sul mercato.
Un comportamento di questo tipo, reiterato, produce a un’azienda un danno di circa 350.000 euro in un anno. Una somma che cresce esponenzialmente se altri destinatari inoltrano. Una somma con cui è possibile pagare 7 giornalisti professionisti, più o meno una intera redazione di quelle che operano in Basilicata. Senza gravare di un solo euro sulle casse pubbliche.
Un tema su cui si dovrebbero interrogare chi origina questi invii, chi dà seguito, la Regione e, aggiungo, anche il sindacato se si vuole dare un senso ai concetti di difesa della professione e dei posti di lavoro.
Ritengo inutile aggiungere altro rispetto a una situazione che è proprio come il re nudo: sotto gli occhi di tutti ma ugualmente ignorata. E preciso che risolvere il tutto scaricando la colpa su qualcuno, come se si trattasse di un’eccezione, di un episodio, significherebbe voler continuare a non vedere.
Da qui l’invito a poche parole e azioni mirate per rimuovere il problema. Se davvero non c’è volontà di affossare un settore o tenerlo legato a un contributo o una pubblicità istituzionale.

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