Fare impresa oggi nel mezzogiorno non è ne un impresa, né un atto eroico, fare impresa è un dovere. Lo dobbiamo per il territorio che rappresenta, ma sopratutto per le persone che lo abitano.    

Seguo da giorni il dibattuto sul sud, sul racconto di sud, ma il problema non è parlare di sud, ma del sud. Sono un giovane imprenditore, emigrato a sud dalla vicina Calabria alla Basilicata che ha avuto la voglia di scommettere su se stesso come ce ne sono tanti in questa terra. L’ho fatto con alcuni colleghi e da allora abbiamo avviato (da 3 anni) una piccola società. In questi anni troppo spesso ho sentito parlare di innovazione, di futuro, di fuga di cervelli e di quanti solo andando via hanno avuto “coraggio” e “successo”, mentre troppo poco e male si parla di chi è rimasto, di chi ha scommesso nel restare e provare a costruire qualcosa. Quante eccellenze conosco ed ho conosciuto in questi anni! Ragazzi e ragazze giovani, intelligenti e con una cosa che a molti manca: umiltà, credere in se stessi e parlare del noi piuttosto che dell’io. Ed è questo che mi spinge a scriverti: non siamo in grado di raccontare queste storie di questi giovani, i loro successi più fuori che in “casa propria”, i sacrifici, le rinunce, le loro idee. Ne sento troppi parlare di se stessi, di uomini soli al comando in tutti i settori, senza pensare che solo il racconto collettivo e del collettivo è l’unico strumento per emergere e dare spazio a chi del sud, delle sue tradizioni, del suo potenziale ne ha fatto ragione di vita e di impresa. La mia piccola realtà in 3 anni ha realizzato 2 progetti internazionali, eppure poca attenzione ha ricevuto dai “comunicatori” di questo meridione troppo distratto e rinchiuso su di sé. Basta con l’io che prevarica sul noi, con la ricerca spasmodica del nuovo Bill Gates piuttosto che premiare le idee sostenibili e di innovazione non solo tecnologica ma sociale e culturale.

Non siamo “un’area geografica fortemente sottosviluppata”, ma un’area fortemente sottovalutata innanzi tutto da noi stessi. Gli innovatori non sono quelli che ci raccontano l’innovazione, sono quelli che la fanno ed è da quelli che dobbiamo partire.

Concordo con chi dice che bisogna alzare finalmente l’asticella in maniera del tutto analitica, questa è la strada ma chiedo a te, a tutti, di raccontarla questa innovazione, di raccontarlo questo sud, di raccontare le storie di Daniele Gioia e della sua Recofunghi, di Domenico Mele e delle sue pere “signore”, di Nicola Bisceglia e il suo Osservatore, di Anthony Rimoli e le sue stampanti 3D, di Luca Tamburrino,cristina bruno e del nostro comincenter.it, di Silvio Giordano e la sua arte Contemporanea, di Monica Lo Giudice, Manuitza Stefanelli e la nostra biennalelibrouniversitario.it e di tanti altri che rappresentano quotidianamente la vera rivoluzione che parte, questa sì, dal Sud.

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