Nell’ottobre 2011 la Regione istituì una Commissione d’inchiesta su Fenice S.p.a di Melfi che aveva il compito di ricostruire la storia amministrativa, dei controlli e della vigilanza delle autorizzazioni date alla Società, evidenziando,   

in particolare le responsabilità, le criticità, i ritardi e le inadeguatezze dei mezzi e delle strutture che non avevano, già all’epoca, consentito il buon funzionamento del sistema.

Le risultanze della relazione della Commissione, discussa in Consiglio regionale il 27 marzo 2013, portò all’approvazione di un deliberato che impegnava la Giunta, tra l’altro, a “riferire al Consiglio trimestralmente sull’attuazione del presente o.d.g.; semestralmente sull’ottemperanza delle prescrizioni dell’emendata A.I.A.; annualmente sulle risultanze delle valutazioni sanitarie e sullo stato di salute della popolazione e sulle eventuali misure di cura e prevenzione messe in atto e sui loro benefici”.

Nulla di tutto ciò è mai avvenuto. La Giunta non si è mai premurata di riferire in Consiglio regionale sullo stato di attuazione di quanto deliberato e noi abbiamo presentato un’interrogazione affinchè Pittella venga a dire come stanno effettivamente le cose. I problemi nella zona limitrofa allo stabilimento Fenice non si sono ancora risolti. E questo è sotto gli occhi di tutti.

Apprendiamo, anzi, che la zona di San Nicola di Melfi è altamente inquinata. Ma non si sa da chi. La relazione del Dirigente dell’Ufficio Ambiente della Provincia di Potenza, dello scorso marzo, denuncia, infatti, non solo l’inquinamento dell’area ma, cosa allarmante, l’impossibilità di individuare le responsabilità. In altre parole, non si può dire quale azienda ha inquinato. Per sapere se quanto sostenuto dalla Provincia è vero abbiamo presentato un’ulteriore interrogazione alla Giunta. Crediamo che si debba chiarire se effettivamente, anni di monitoraggi e controlli, disposizioni di legge e deliberati del Consiglio siano stati ignorati dal Governo regionale e dall’ARPAB.

Comunque l’ARPAB e la Regione non ne escono bene. Anzi. La relazione, della quale abbiamo chiesto l’acquisizione, mette in risalto le inadempienze e l’inerzia delle istituzioni rispetto al controllo e al monitoraggio dell’inquinamento.

Dal canto loro, le aziende interessate dal procedimento di bonifica avrebbero dichiarato di non avere intenzione di effettuare ulteriori indagini, proprio perché non è stato possibile ricondurre loro specifiche responsabilità.

Insomma, l’inquinamento c’è, ma per l’inefficienza di ARPAB e Regione non può essere attribuito a nessuno. Un quadro desolante che rispecchia il modus operandi di chi dovrebbe tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini e, invece, ha altre ‘emergenze’: superficialità, inadempienze ed inerzia. E la Commissione d’inchiesta? E il deliberato del Consiglio? Carta straccia.

Mentre la Regione rimane inerte, una vasta area della Lucania è inquinata e una consistente fetta di Lucani vive a contatto con l’inquinamento. Poi c’è ancora qualcuno che si chiede perché, in Basilicata, è meglio essere pastori e vivere cent’anni che fare gli industriali e viverne la metà. Non si tratta di demonizzare un settore dell’economia tanto importante come l’industria. Anzi. Tuttavia siamo sempre più convinti che le Istituzioni lucane non sono in grado di gestire lo sviluppo industriale in maniera ecosostenibile perché c’è sempre qualche interesse da proteggere. Ovviamente non quello dei Lucani.

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