Gli scienziati parlano di una rivoluzione copernicana, pronunciandosi così in merito alla prova dell’efficacia di un nuovo farmaco per il trattamento della sclerosi multipla,
sviluppato da Roche in collaborazione con ricercatori internazionali e l’ospedale universitario di Basilea: Ocrelizumab. Due studi clinici sono stati condotti con 1.400 pazienti. La sclerosi multipla, chiamata anche sclerosi a placche, è una malattia autoimmune cronica demielinizzante, che colpisce il sistema nervoso centrale, causando un ampio spettro di segni e sintomi. La sclerosi multipla (Sm) presenta una prevalenza che varia tra i 2 e i 150 casi ogni 100.000 individui, a seconda del paese o della specifica popolazione. Si stima che la malattia colpisca circa tre milioni di persone al mondo, mezzo milione in Europa e 68.000 in Italia, per un totale di 1800 nuovi casi ogni anno; la regione più colpita è la Sardegna. E’ una malattia della prima età adulta, che si manifesta perlopiù tra i 29 e i 33 anni, anche se in assoluto può comparire tra i 10 e i 59 anni, ed è diffusa a livello mondiale con frequenze d’incidenza variabili a seconda delle regioni considerate. L’annuncio dell’efficacia di un nuovo farmaco sviluppato da Roche è arrivato ad Ottobre 2015 durante l’ECTRIMS (European Committee for the Treatment and Study of Multiple Sclerosis). L’efficacia di Ocrelizumab è stata dimostrata negli studi cardine OPERA I e OPERA II condotti in pazienti con SM recidivante remittente, ed in uno studio separato ORATORIO, condotto in pazienti con sclerosi multipla primariamente progressiva. La rilevanza dello studio deriva dall’efficacia del farmaco su quest’ultima forma di SM, la più invalidante, che colpisce una persona su 10 e che di solito non ha periodi distinti tra la recidiva e remissione.Ocrelizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato sperimentale, progettato per colpire in maniera selettiva i linfociti B CD20+, un tipo specifico di cellule immunitarie che si ritiene svolgano un ruolo chiave nel danno alla mielina e all’assone che si osserva nella sclerosi multipla e che determina disabilità. Inoltre si lega ai linfociti B, ma non alle cellule staminali né alle plasmatiche, permettendo di non compromettere le funzioni svolte dal sistema immunitario, ovvero la ricostituzione delle cellule B e la preservazione della memoria immunitaria.Lo studio su Ocrelizumab è uno studio multicentrico, in doppio cieco, condotto su 732 pazienti con sclerosi multipla primariamente progressiva, di cui ad una parte di loro è stato somministrato il farmaco in dose di 600mg ogni sei mesi, con 2 infusioni di 300mg a due settimane l’una dall’altra, all’altra parte dei pazienti è stato somministrato placebo. E’ stato dimostrato che Ocrelizumab riduce in maniera significativa del 24% rispetto al placebo il rischio di progressione di disabilità clinica, confermata dopo 24 settimane, e del 29% il tempo di percorrenza di una distanza di 7,6 metri in un periodo di 120 settimane. Il volume delle lesioni iperintense si è ridotto del 3,4% in 120 settimane, mentre con placebo è aumentato del 7,4%. Ha ancora ridotto del 17,5% il tasso di perdita di volume cerebrale, sempre in periodo di 120 settimane. I risultati positivi non sono stati solo rilevati in merito all’efficacia come sopra ampiamente dimostrato, ma anche in relazione alla sicurezza del farmaco, infatti la percentuale di pazienti con reazioni avverse nel gruppo in terapia con ocrelizumab è stata simile a quelli in terapia con placebo sia in relazione all’infusione che alle infezioni. Vista la non curabilità della malattia, avere trovato un farmaco sicuro che permette di ridurre le conseguenze della stessa, le gravi disabilità che ne derivano è veramente importante, davvero una rivoluzione nel campo della medicina. L’azienda produttrice Roche intende inoltrare la richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio, per averlo, in Italia dobbiamo attendere ancora un anno. Una notizia importante in campo scientifico, che per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” sembra poter dare una speranza a milioni di persone che si ammalano di SM. I risultati sono stati pubblicati giovedì sulla rivista “New England Journal of Medicine”.
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