“L’ipotesi di riordino vada ricalibrata sui bisogni dei cittadini e sul diritto alla salute. Non si confondano le cariche politiche con quelle gestionali”  

La riforma della sanità deve essere oggetto di confronto aperto e partecipato in quanto gli effetti di una riforma sbagliata avrebbero conseguenti pesanti sulla vita dei cittadini.

E certamente non possono essere i gestori (direttori degli ospedali degli ospedali e delle Asl) a programmare e a delineare la riforma. Non può verificarsi che “il gestore” sia anche legislatore e definisca una riforma secondo convenienza della propria struttura e non secondo i principi dei bisogni di salute. Sarebbe questa una stortura grave. La differenza è sostanziale tra chi è chiamato per incarico elettivo e politico a programmare e chi è nominato a gestire. E’ da qui che bisogna partire provando a recuperare un rapporto e un confronto di merito con tutti gli attori presenti nel nostro territorio.

L’ipotesi di riordino non affronta il tema dal versante dei bisogni di salute e non tiene conto della significativa compressione delle attività rese dalle varie strutture in seguito alla stretta sulle dotazioni organiche con il blocco del turn-over e per le esigenze scaturite dall’adeguamento alle norme sugli orari di lavoro.

Eppure il sistema salute della Basilicata è particolarmente precario, come testimonia la consistente migrazione passiva che non si riesce a fronteggiare e come testimoniano le difficoltà di accesso alle cure da parte degli assistiti che, quando sono costretti a rivolgersi per problemi seri al sistema sanitario, incontrano lunghe liste d’attesa per le prestazioni ambulatoriali solo parzialmente governate dalle liste di priorità e lunghi tempi di attesa per l’effettuazione di interventi chirurgici anche quando non sono differibili.

Non esiste un filtro efficace sul territorio e le strutture più qualificate sono di difficile accessibilità. Dunque non affrontare il tema del bisogno di salute e limitarsi a far quadrare solo teoricamente i conti sulla carta rischia di non risolvere alcun aspetto ma, al contrario, di aggravare la situazione.

La stessa continuità ospedale-territorio è solo una dichiarazione di intenti in quanto in un territorio fragile e complesso come quello della nostra regione e dopo anni di depotenziamento delle attività territoriali per inseguire le continue emergenze delle varie strutture ospedaliere, le attività sul territorio – a parte quelle che sono state oggetto di procedure di esternalizzazione – sono sempre più precarie.

In tutto questo processo manca ogni cenno al raccordo con i medici di medicina generale.
Dunque l’ipotesi in campo non rassicura rispetto al superamento delle criticità quanto piuttosto sembra complicare ulteriormente il contesto. Manca la chiarezza sull’offerta di prestazioni che il sistema sanitario così strutturato e con gli attuali vincoli è in grado di realizzare. Manca un’analisi dei flussi migratori e una seppur minima strategia di miglioramento del trend. Le riforme messe in campo fino a oggi sono delle “incompiute”: è mancato completamente un management in grado di affrontare i processi aziendali mirando alla qualificazione e all’efficienza soppiantato completamente da un management sempre più sopraffatto dalle norme e meno orientato all’interesse generale e determinato a perseguire modelli di efficacia. Il risultato è che negli anni si sono amplificate le contraddizioni e i territori e le strutture, a parte pallide iniziative più di facciata che di sostanza, continuano ad operare come entità slegate tra loro. Non basta scrivere una delibera per realizzare processi complessi ma bisogna avviare un processo di profonda condivisione e partecipazione con chi poi quel disegno lo deve realizzare. Non serve al sistema sanitario regionale ed ai cittadini di Basilicata un’adesione formale ad un disegno non seguita da fatti concreti.

La proposta, dunque, è di invertire completamente la metodologia e la prospettiva partendo dall’analisi puntuale dei bisogni della popolazione e delle attuali criticità, costruendo un modello che si sostenga nel tempo, senza penalizzare i servizi resi al cittadino ma cercando di migliorarli allocando in modo appropriato risorse e tecnologie e indirizzando la domanda di prestazioni nelle strutture regionali deputate. Solo partendo dalle necessità si potranno poi calare i modelli organizzativi che si basano sull’esistente avendo come faro l’interesse dei pazienti.

Chiediamo dunque da un lato, cosi come abbiamo fatto con il documento unitario di Cgil, Cisl e Uil inviato le settimane scorse, di RIVEDERE la proposta in campo e di avviare un processo analitico che coinvolga tutti gli attori ai vari livelli, senza steccati, costruendo un disegno di riforma che rappresenti un’occasione di rilancio del sistema sanitario di Basilicata. In questa ottica nei prossimi giorni daremo vita a una fitta campagna di assemblee e incontri nel territorio per costruire quel livello di partecipazione democratico con tutti gli operatori e i cittadini perché la salute è un diritto universale che deve essere assicurato a tutti.

Dall’atro, sosteniamo che le questioni che investono la sanità lucana non attengono esclusivamente alle scelte di riforma che si fanno in Basilicata, sulle quali abbiamo già espresso le nostre critiche e perplessità.

Siamo fermamente convinti della necessità che occorra intervenire in sede di conferenza Stato -Regioni affinché si modifichi la norma relativa ai tetti di spesa del personale della Sanità, attualmente fissati prendendo a riferimento il 2004.

Riteniamo sia necessario aprire in seno alla conferenza stato regione una discussione approfondita per l’individuazione di nuovi criteri di riparto del Fondo sanitario nazionale che non siano esclusivamente legati alla popolazione residente e alla sua struttura per età. La discussione sulla sanità deve uscire dall’alveo di criteri esclusivamente ragionieristici.  Pertanto, nell’attribuzione delle risorse,  occorre tener conto non solo dei fattori demografici ma di quelli economici, sociali e ambientali.
Se il diritto alla salute è un diritto universale, e lo è, va garantito in modo omogeneo a tutti i cittadini all’interno di un sistema sanitario pubblico e universalistico. La sanità rappresenta uno dei fattori più importanti nella vita delle persone e dai sui servizi e dalla qualità della stessa dipendono non solo le aspettative di vita ma anche i fattori di benessere e di sviluppo.

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