Ho apprezzato l’intervento del prof. Ribba concernente il ruolo del Pdl in Basilicata per alcuni motivi precisi. Innanzitutto ben venga il contributo di un accademico ed economista lucano che svolge la sua attività fuori dai confini regionali dando una visuale di riflessione differente e nuovi stimoli per la discussione.
Inoltre perchè alquanto critico verso l’attività del Pdl lucano e della mia stessa attività di capogruppo regionale, che pur non condividendo, meritano attenzione e offrono spunti di riflessione ed analisi. Ben venga un confronto anche duro e serrato sulle questioni politiche, poiché l’albero della Democrazia nasce anche dalla dialettica degli opposti, oltre che dalla sintesi delle proposte e delle differenti idee e opinioni se rivolte al Bene Comune. Però, mi si permetta di non concordare nella essenza del ragionamento nelle conclusioni, seppur provvisorie del prof. Ribbia, quando afferma perentoriamente che il Pdl lucano oscilli tra la demagogia od il populismo aggressivo, mediato dalla mia debole leadership quale capogruppo pdl in Regione Basilicata.
Non per una mia autodifesa- ci mancherebbe- ma per portare il tema della discussione su alcuni punti che devono essere approfonditi, pena far rimanere la critica in un normale commentare fine a se stesso. Il gruppo Pdl è formato da 8 consiglieri, rinnovato nei suoi 5/8 ed a parte la sua appartenenza politica è diversificato nella formazione politica, professionale e alquanto variegato per culture e sensibilità politiche. Il che porta ad un’azione di opposizione con svariate sfumature e approcci alle questioni che si è voluto schematizzare – spesso a sproposito- nel dualismo tra Falchi e Colombe, con il sottoscritto a far da paciere. Questo va bene semmai per dar colore alle cronache politiche, ma quando poi si valuta razionalmente e nel cuore dei problemi, vi si trova una granitica coesione sui temi importanti ed un’unica volontà nell’essere alternativi e portatori di una differente visione politica rispetto alle sinistre lucane. Rigetto poi la critica di flebile riformismo del Pdl lucano o di una sua scarsa capacità di opposizione costruttiva. Non vorrei giocare con le parole; ma Riformismo era una parola bandita nel Pci tanto da coniare il lemma Miglioristi per designare l’area amendoliana, poi nella capacità di trasformismo italiano tutti sono diventati riformisti compresi i comunisti, i cattocomunisti, i cattolici democristiani ed i conservatori dell’estrema sinistra. Non voglio giocare con le parole ma preferisco citare i fatti e le proposte Pdl per la Basilicata.
La nostra battaglia per la riforma della Governance per abolire le Comunità Montane osteggiata dal centrosinistra che ventilava la riforma della Comunità Locali poi rimasta sulla carta ed affossata dallo loro inerzia, oppure la proposta di una nuova governance per l’agricoltura con la razionalizzazione di due Enti quali Alsia e Arbea ormai troppo costosi e poco efficienti, le proposte per il piano forestazione. Ma il riformismo del Pd non vi è stato, proteso nella mera conservazione dello status Quo. Come credo sia gratuito affermare che l’impegno del sen. Viceconte e di tutti i parlamentari lucani sia demagogia, la realtà smentisce a partire dall’accordo per le acque, a quello per l’Università, i fondi ministeriali per l’innovazione e lo stesso tanto criticato Bonus Benzina che parte da un principio osteggiato dal centrosinistra italiano: che un benefit potesse arrivare direttamente ai cittadini, senza alcuna intermediazione degli apparati. Poi posiamo discutere dell’utilizzo, ma intanto è stato approvato dalla Ue, le royalties sono state aumentate del 3% grazie al pdl, la demagogia di Viceconte ha permesso di poter lavorare ad un Memorandum che prevede infrastrutture, fondi alle imprese e politiche di sviluppo.
Ed il populismo è solo di destra? Io credo che le ultime trovate sulle politiche giovanili siano l’apoteosi del pessimo costume di promettere un futuro lavorativo ai nostri giovani illudendoli con bandi ritirati come i tirocini formativi oppure in apnea quali il reddito ponte, calibrati nel concreto per alimentare il settore della formazione privata e pubblica.
Oppure la demagogia della Basilicata Felix, anti nuclearista ma minata da mille emergenze ambientali nascoste o minimizzate negli ultimi 10 anni. Accetto tutte le critiche costruttive sul mio operato di capogruppo Pdl e della nostra attività in Consiglio Regionale, però rimarco la differenza tra “Opinione” e “Conoscenza”, tra l’affermare e il dimostrare ossia non trovo nessuna analisi del lavoro e delle posizioni del Pdl prese nelle varie Commissioni dove la Politica assume un ruolo decisivo ma quasi invisibile a chi non ha il tempo o l’interesse a seguirle. Il prof. Ribba è un economista dal solido e prestigioso curriculum, quindi credo che sia d’accordo nel affermazione che un’analisi anche nel campo politico deve prendere a riferimento anche i dati concreti del lavoro di commissioni, audizioni ed interventi istituzionali. Lo stesso vale per un giudizio sommario – direi manicheo – su quale siano le forme di partito obsolete oppure innovative. La casistica è talmente ampia che nessuna scienza empirica può dirci o dare la verità; vanno calibrate in base ai contesti, alle esigenze e sopratutto agli orizzonti strategici. Se no si fa pura accademia non immersa nella realtà e nella concretezza. La campagna d’iscrizione del Pdl, seppur contraddistinta da una dinamica anche competitiva tra il gruppo dirigenziale, non può essere banalizzata come una lotta dei Signori delle Tessere senza approfondire le dinamiche interne e politiche di un partito che deve trovare un’anima che vada oltre a quella vocazione governativa naturale. Spiego meglio; Il Pdl è un complesso contenitore di culture e sensibilità che non possono essere ridotte alla diade Ex Fi ed e An; i quali restano i maggiori fondatori ma non gli unici. La sfida di Alfano è nel costruire un partito che sia radicato nel territorio e sopratutto che porti a sintesi le culture presenti nell’area moderata italiana da quella cattolica, al liberalismo, alla destra europea ed anche alla area riformista libertaria. E’ una sfida anche culturale che pone difficoltà perchè in un panorama complesso come quello italiano esistono le contraddizioni tra un elettorato che è bipolare ed una classe partitica che tende a frantumare ed a dividere con l’obiettivo di una rappresentanza istituzionale seppur minima. L’intuizione dell’On. Berlusconi di un partito unico del centrodestra rimane valida e adatta al sistema politico italiano, anche se in ritardo ora i gruppi dirigenti del Pdl in dialettica con gli iscritti devono trovare una soluzione politica per l’organizzazione del partito. Puntualizzo: una soluzione politica e non meramente di organigramma o organizzativistica. I luoghi deputati a questo sono e restano i congressi cittadini e provinciali, ove avveranno le sintesi ma partendo dagli iscritti e dai territori. Questo è il sottile, ma profondo passaggio politico che a molti commentatori è sfuggito: la decisione di partire dalla base, allargando la base degli iscritti per dare un volto nuovo ed un’organizzazione nuova al Pdl. La scelta non è stata né causale né improvvisata; il gruppo dirigente nazionale ha deciso di rimettersi in gioco e di rischiare anche posizioni consolidate e destini personali.
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