Lavoro sommerso, Basilicata seconda regione in Italia. Il 20,4 per cento del lavoro è irregolare contro una media nazionale del 12 per cento. Falotico: “Intensificare quantità e qualità dei controlli con più risorse e più personale”

 La Basilicata, secondo l’Istat, è la seconda regione italiana nella poco onorevole classifica del lavoro sommerso. Il 20,4 per cento delle cosiddette unità di lavoro sono nella nostra regione irregolari (riferito al 2008), un dato che classifica la Basilicata dietro la sola Calabria (26,6%) e che è superiore sia alla media nazionale (11,9%) sia a quella delle regioni meridionali (18,3%). Il settore dove è maggiormente diffuso il ricorso al lavoro sommerso è sempre l’agricoltura dove circa un quarto della manodopera è irregolare. Rispetto al 2007, rivela sempre l’Istat, in Basilicata il ricorso al lavoro irregolare è aumentato di oltre un punto percentuale. Il segretario generale della Cisl Basilicata, Nino Falotico, torna a lanciare l’allarme e parla apertamente di “piaga sociale che tiene sotto scacco i lavoratori e danneggia le imprese che rispettano le regole”.

Per il segretario della Cisl “il triste primato vantato dalla Basilicata in fatto di lavoro nero e grigio pone un serio interrogativo sulla reale efficacia dei controlli preventivi e del sistema sanzionatorio. La crisi economica – sostiene Falotico – non può essere usata a pretesto per aggirare le regole e inquinare il mercato con pratiche di dumping sociale. La rimodulazione delle attività di ispezione e controllo avviata negli ultimi tempi è una condizione necessaria ma non sufficiente per contrastare un fenomeno che sta assumendo un carattere strutturale. Servono più risorse e più personale altrimenti le buoni intenzioni restano solo sulla carta”.

Secondo Falotico “è necessario intensificare qualità e quantità dell’azione ispettiva e creare allo stesso tempo le giuste misure disincentivanti per favorire l’emersione e la regolarizzazione del lavoro irregolare. In questo senso sarebbe utile attivare uno specifico credito d’imposta per le aziende che emergono e regolarizzano le posizioni lavorative nell’ambito di una più generale e strutturale riforma del fisco che riduca la pressione fiscale sul lavoro, così come più volte auspicato dalla Cisl, non ultimo nel corso della recente mobilitazione dello scorso 11 febbraio. Un fisco che ambisca ad essere più equo e selettivo deve premiare chi rispetta le regole e punire pesantemente chi le aggira per procurarsi un indebito vantaggio sul mercato”.

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