Penso al senatore Belisario e mi vengono in mente i re magi. Ogni qualvolta il senatore tuona da Roma o da Potenza, tirando in ballo la “questione morale”, trova sempre il modo di capitalizzare il suo furore legalitario. Stato di diritto, democrazia e legalità, magari anche quella costituzionale, non rientrano nelle priorità del ceto partitocratico, ma spesso la legalità viene brandita a mo’ di clava e poi si aspetta che i re magi facciano la loro apparizione.
Oro, incenso e Copasir…e il senatore torna a cavalcare, 4 anni dopo, la vicenda “toghe lucane”. Peccato che allora si sia limitato più che a denunciare le magagne ad incassare le royaltys, proponendosi come ago della bilancia e tutore dello status quo. Un vero campione del cosiddetto “modello lucano”. E’ lo stesso Belisario che a “Porta a Porta” strizza l’occhiolino al ministro Romani sulle estrazioni petrolifere in Val D’Agri e che poi presenzia alle manifestazioni di piazza. Un artista della politica del doppio binario, un campione della presa di posizione da kamasutra partitocratico. Non a caso compar Massimo D’Alema lo ha voluto al Copasir; non a caso i suoi uomini siedono all’Alsia; non a caso quando c’è da nascondere chi davvero rappresenta un dato di rottura rispetto al regime, Belisario campeggia su tutte le prime pagine.
Gaetano Bonomi, sostituto procuratore generale presso la Corte d’appello di Potenza, minaccia lo sciopero della fame, chiedendo che sia fatta rapidamente giustizia. Non mi esprimo sulle accuse rivolte al dottor Bonomi, ma mi limito ad osservare che la giustizia rapida di cui ha fame, in Italia non esiste. Dottor Bonomi, in questo paese vige l’amnistia clandestina e di classe; in questo paese milioni di italiani attendono giustizia; in questo paese ci sono 9 milioni di processi arretrati tra civile e penale. Non a caso Marco Pannella e i radicali hanno posto la questione dell’amnistia quale misura propedeutica e indispensabile per rimettere su un binario di legalità l’amministrazione della giustizia. Amnistia legale vs l’amnistia clandestina e di classe che ogni anno produce 170mila prescrizioni. E ancora: no agli incarichi extragiudiziari(quelli della pax mastelliana), sì alla separazione delle carriere, sì alla responsabilità civile dei magistrati, sì all’abolizione della fasulla e inesistente obbligatorietà dell’azione penale.
Personalmente provo un sottile senso di inquietudine nell’apprendere che un ex agente del Sisde abbia svolto mansioni di cancelliere presso il tribunale di Melfi. E sono altrettanto inquieto nel leggere dei tanti processi su questioni ambientali che finiscono in prescrizione.
Anch’io attendo da tempo di sapere se ho commesso dei reati in relazione alla vicenda Marinagri e alla vicenda dell’inquinamento della diga del Pertusillo. Vorrei che un tribunale della Repubblica Italiana mi dicesse se ho diffamato la moglie del procuratore Chieco; vorrei che un tribunale della Repubblica Italiana mi spiegasse perché divulgando notizie attinenti l’inquinamento avrei violato il segreto d’ufficio. Non attendo prescrizioni e avrei preferito un processo per direttissima.
Costa raccontare la verità in certi contesti, ma ne vale la pena.
Di Maurizio Bolognetti, Direzione Nazionale Radicali Italiani
Scrivi un commento
Devi accedere, per commentare.