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DI POTENZA E IL GIOCO DELLE TRE CARTE DOPO DUE MESI DI FERMO IMPIANTO SI TORNA ALLA PRIMA RICHIESTA DELLA TEP CON IL FAMOSO SCONTO DI 500.000 EURO ALL’ANNO: UNA BEFFA PER LA CITTA’

Sulla gestione dei rifiuti a Potenza solo parole e soldi buttati al vento Si sta forse per concludere la penosa vicenda dell’inceneritore di Potenza che ha dimostrato tutta l’incapacità di questa amministrazione comunale di provare a mettere a sistema il problema della gestione dei rifiuti. Il Comune di Potenza continua a dimostrarsi totalmente incapace di riuscire a proporre un sistema di gestione dei rifiuti alternativo all’attuale, senza la benché minima capacità di programmazione, senza una visione strategica complessiva, scegliendo di affidarsi ad una tecnologia obsoleta, inefficacie e pericolosa, per l’ambiente e per gli stessi lavoratori che nell’impianto di Potenza vi lavorano. L’unica certezza è che dopo mesi di parole si torna alla prima ipotesi: il famoso sconto di 500.000 euro all’anno che la ditta che gestisce l’impianto era pronta a concedere per mantenere l’impianto stesso in esercizio. Proposta nei mesi passati giudicata da tutti inaccettabile e troppo onerosa ed ora vista come la soluzione ad ogni problema. Sparita dalla discussione per un po’ di tempo è ricomparsa improvvisamente sul tavolo delle trattative: carta vince Comune perde. I 200.000 euro al mese previsti per smaltire 24 tonnellate al giorno significa un costo medio di 280 euro a tonnellata, cifra più che doppia rispetto allo smaltimento in discarica o l’incenerimento a Fenice (compresi fra le 110 ed i 125 euro a tonnellata). Ma questo potrebbe essere, come nel precedente contratto, il costo al cancello cui vanno aggiunti gli oneri a carico dell’Acta per lo smaltimento in discarica di sottovaglio, scorie e materiali ferrosi che, nei due anni precedenti, hanno rappresentato più del 60% dei rifiuti conferiti. In questo modo il costo reale per lo smaltimento all’inceneritore viene aumentato del costo di smaltimento in discarica del 60% dei rifiuti inizialmente conferiti all’impianto o, se preferite, calcolando solo il rifiuto che “sparisce” per la combustione il suo costo sarà pari a circa 600 euro a tonnellata. Un vero affare per il Comune di Potenza e per i suoi cittadini. Certo il ricatto occupazionale, le maestranze che premono, sono problemi di cui tener conto, ma tutto lo sforzo possibile e la capacità dell’amministrazione si riducono ad accettare un contratto capestro per le casse comunali. Non è proprio possibile pensare di utilizzare i lavoratori per una nuova fase di gestione dei rifiuti in città che preveda un forte impulso alle raccolte differenziate, caso mai utilizzando le celle di stabilizzazione già esistenti presso l’inceneritore per compostare l’umido che si potrebbe raccogliere separatamente? I lavoratori potrebbero essere impiegati presso le celle e per realizzare finalmente il porta a porta in città. Costerebbe meno dei 200.000 euro mensili (due milioni e cinquecentomila euro su base annua) e produrrebbe effetti decisamente migliori in termini di riduzione dei rifiuti da conferire in discarica ed ulteriori risparmi. Una via di uscita quindi esiste anche a Potenza, puntare sulla costruzione di un impianto per il trattamento dell'umido e seguire l'esempio di chi ha risolto il problema con la raccolta differenziata: comuni come Bellizzi e Padula, in provincia di Salerno, solo per fare gli esempi a noi più vicini, che riciclano oltre il 70% dell'immondizia. Ma il nostro assessore all’ambiente ne ha una seppur vaga idea? Il Sindaco che continua a pensare che l’inceneritore sia la soluzione ambientalmente sostenibile al problema dei rifiuti lo sa? O considera la partecipazione ai nostri incontri di premiazione dei Comuni Ricicloni come delle occasioni di passerella? È mai possibile che per l’amministrazione i due risultati importanti sono riavviare l’inceneritore ed avere l’ampliamento della discarica? Tutta l’Italia invece si muove in un’altra direzione, dimostrando che anche dal punto di vista dei costi, la raccolta differenziata conviene, le gestioni integrate permettono infatti una ottimizzazione della spesa e delle rese dei circuiti di raccolta differenziata e di quelli della frazione non differenziata. E’ comunque assolutamente evidente, dalle tantissime esperienze ormai mature in Italia, che la raccolta differenziata deve essere finalizzata al recupero di materia, pena la scarsa efficacia in termini di risultati: basse percentuali di intercettazione delle frazioni, bassa qualità del materiale raccolto e quindi bassi ricavi dalla vendita del materiale. È anche sulla capacità o meno a risolvere il problema dei rifiuti che si misura la qualità della vita di una città, il suo modo di consumare e di produrre, la sua capacità di costruirsi un futuro. Sarebbe ora in questa città di passare dalle parole ai fatti, in questo ed in tanti altri settori delle politiche ambientali, dove l’amministrazione nel suo complesso e l’assessorato all’ambiente in particolare è latitante da lungo tempo. Se la decisione annunciata in questi giorni dalla stampa risulterà confermata dai fatti e ci sarà la stipula del contratto per l’inceneritore alle condizioni indicate, ci vedremo costretti a rivolgerci alla magistratura ordinaria ed a quella contabile per chiedere chiarezza sulla storia recente di questo impianto, nell’interesse dell’ambiente e dei cittadini.

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