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Le politiche ambientali in ambito urbano non hanno cittadinanza a Potenza Fioriere con simulacri di alberelli rinsecchiti, aiuole con cadaveri di piante adagiati sulla terra arsa, giardini e boschi urbani in cui abbondano i rifiuti e impera l’incuria, parchi in cui l’erba, come in un racconto dell’orrore, improvvisamente secca e ingiallisce laddove qualche giorno prima era verde e splendente, oggetto di ammirazione e stupore.

 Lo “spettacolo” del verde urbano a Potenza in questa torrida estate 2007 ha assunto i connotati della desolazione. Nei mesi scorsi Legambiente aveva più volte sottolineato l’incongruenza di progetti di riqualificazione nella città di Potenza in cui la logica era quella del cemento a tutti i costi e, invece, la salvaguardia delle aree verdi esistenti era vista soprattutto come un ostacolo all’incedere dei lavori. Oggi, volendo essere paradossali, potremmo dire che ci eravamo sbagliati, poiché dove esiste l’incapacità di gestire il verde urbano è meglio che non ce ne sia. Che senso ha, infatti, arredare le vie cittadine con vasi e fioriere, riempire le aiuole di alberi e arbusti se poi non ci si preoccupa di fornire il minimo necessario di acqua per permettere alle povere piante di sopravvivere ad un’estate così siccitosa? Forse chi si occupa del verde urbano in città aveva avuto assicurazioni dal servizio meteorologico nazionale (o da Gaetano Brindisi) che il cielo un po’ di pioggia in questi mesi l’avrebbe data? Oppure qualcuno pensa che un albero, come uno dei muri di cemento che abbonda in città, possa campare a lungo senza un minimo di cura? È mai possibile che le piante vengano messe a dimora nella piena calura estiva solo per rispettare i tempi delle imprese, o le necessità delle inaugurazioni? Per l’Amministrazione Comunale gli alberi sono solo un elemento dell’arredo urbano, al pari di una panchina (meglio se in cemento), di muri e muretti, delle stupefacenti illuminazioni dal basso. Si è voluto a tutti i costi inaugurare il nuovo Parco dell’Europa Unita, benché incompleto, nel bel mezzo di agosto. Rimandare di qualche settimana l’”evento”, in attesa delle piogge, avrebbe probabilmente evitato lo scempio e lo spreco di denaro. Magari favorendo il completamento delle opere e ed evitando che il tappeto erboso appena posato venisse bruciato a causa della concomitante azione negativa del sole e della mancanza di irrigazione appropriata. È superfluo poi ricordare che in tutte le città d’Italia spazi verdi come quello di Poggio Tre Galli sono una presenza normale nei quartieri e di solito vengono definiti giardini. Solo da noi sono una rarità e questo appena realizzato viene elevato allo strepitoso rango di Parco. Intitolarlo all’Europa Unita poi speriamo non sia di cattivo auspicio per quest’ultima che speriamo sopravviva più a lungo della rinsecchita erbetta.

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