IN una telefonata tra Gianluca Gemelli – al centro dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata – e un’altra persona, conversazione intercettata il 23 aprile del 2015, l’imprenditore siciliano indagato dalla Procura di Potenza fa un riferimento inquietante..

che, di certo, non sarà sfuggito agli investigatori.

Chiedendo al suo interlocutore dove si trovasse, questi rispondeva: in zona porto, perché il giorno prima avevano finito di scaricare “quell’imbarcazione”. Gemelli gli diceva a tal proposito: “…sì, oggi mi sono lamentato col Mise… le navi dei veleni (o simile) ve le mettete dove sapete voi, no ad Augusta”… (ride) dice… “ma non ne sapevo niente”… “ecco informati e fagli fare… e finiamola con sto bordello…” (ride).

“A quali navi fa riferimento Gemelli? Di che veleni parla? Chi è il suo interlocutore al Ministero?” – chiede don Marcello Cozzi della segreteria nazionale di “Libera. Nomi, numeri e associazioni contro le mafie”.

“Nelle acque del Mediterraneo – aggiunge don Cozzi – quando si parla di navi di veleni si riaprono vecchie ferite e si riportano a galla misteri mai risolti, vicende sempre chiuse o archiviate troppo frettolosamente”.

Che quell’affermazione facesse davvero riferimento a navi che trasportano rifiuti tossici o fosse solo un modo per indicare carichi non graditi, è un altro punto che Gemelli dovrebbe chiarire agli investigatori.

In riferimento alla Basilicata, don Cozzi aggiunge: “In una regione come la nostra fin troppo violentata e sporcata non solo da certa politica, più attenta a soddisfare le esigenze delle multinazionali che non il grido sempre più disperato di tanta povera gente, ma anche dalle razzie di faccendieri e imprenditori che, come sta venendo fuori da questa inchiesta, non si fanno scrupoli nei loro progetti devastanti; in una regione come questa nella quale troppi misteri scomodi sono rimasti sepolti senza alcuna verità, non vorremmo scoprire troppo tardi che anche i nostri mari sono stati avvelenati con la complicità criminale di troppi”.

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