L’eccidio industriale in valbasento, in provincia di Matera, in Basilicata continua. E, purtroppo, non si fermerà! L’ultimo in ordine di tempo è l’avvio della procedura di mobilità per la chiusura dello stabilimento Green Leather, già Apelle, gia Calbe Sud. Si, perché nonostante esso sia stato aperto soltanto nove anni fa, ha avuto tante vicissitudini di “speculazioni societarie” salvo poi a comunicarci che il progetto industriale è fallito in barba a tutti gli incendi contributi pubblici che si sono avuti.
Nove anni fa la Rino Mastrotto Group, leader europeo del settore, delocalizza una piccola parte di produzione in valbasento in joint con il noto imprenditore Calia, leader nella produzione di divani, già presidente della Confindustria di Matera. La Joint fallisce nel volgere di pochi mesi, Calia abbandona l’attività che continua ad essere gestita solo ed esclusivamente dal gruppo Mastrotto.
Nel frattempo i lungimiranti e potenti produttori di divani locali, anziché cogliere l’opportunità di una possibile filiera produttiva, abbandonano definitivamente la Calbe Sud, preoccupati di arginare a suon di Cassa Integrazione e procedure di mobilità lo sfacelo industriale del mobile imbottito.
Calia passerà alla storia come un imprenditore che ha tanto aiutato la valbasento, utilizzando come meglio non poteva i contributi pubblici destinati alla reindustrializzazione.
La fabbrica naviga a vista, l’obiettivo è quello di far trascorrere il tempo necessario per legge, al fine di giustificare e non restituire indietro il danaro pubblico.
Si fanno cassa integrazione, mobilità.
Non più tardi di 18 mesi fa si procede ad un nuovo piano industriale che consiste nel dare in conto lavorazione ad un terzista Veneto del settore le produzioni.
La nuova composizione societaria è saldamente controllata dalla Rino Mastrotto Group che si fa garante nel procurare lavoro tale da mantenere in vita lo stabilimento.
Il lavoro non arriva mai abbastanza, nonostante questo la decisione di chiudere lo stabilimento viene tra l’altro motivata da “un ingente perdita di 25.000 euro mensile”. Storia squallida, squallida miseria! Non è mai esistito un piano industriale se non quello di “prendere tempo”.
Adesso: il rito! Bandiere, striscioni, urla. ( mi preme rassicurare i politici e il prefetto che questa volta non ci sarà il blocco delle portinerie di Tecnoparco VBA e che quindi il tutto sarà in sordina ).
Che vuoi che siano sessanta licenziamenti in più o in meno.
La colpa? Dei sindacati ovviamente! Con buona pace di tutti.
Mi permetto di aggiungere solo una osservazione: la deindustrializzazione della provincia di Matera è oramai endemica. E’ una emergenza tanto grave quanto lo è quella della monnezza di Napoli, ma oramai anche noi siamo abituati alla monnezza, a quella apparentemente inodore che puzza ancora di più di quella organica. Si perché lo spreco dei soldi pubblici, lo spopolamento continuo e costante di questa provincia, la disperazione di tante famiglie e di tanti giovani, la ricerca affannosa di un lavoro che non arriverà mai, la mancanza di speranza di un futuro dignitoso, puzza molto di più della monnezza di Napoli. Tra qualche mese forse si ritorna alle urne e ci saranno tanti tentativi speculari per attribuire responsabilità a questo sfacelo, che riguarda tutto il sud della nostra nazione. Chiedo almeno il silenzio, perché come dicono anche da queste parti “la monnezza più la giri e più puzza”.
FILCEM CGIL Fernando Mega
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