lasme, la Cisl lancia l’allarme indotto
Per il segretario della Fim la Lasme potrebbe rappresentare un pericolo precedente. E Falotico aggiunge: “Oggi lottiamo per difendere il lavoro e la centralità industriale di Melfi”
“Se Lasme lascia, si sfascia l’indotto”. Il segretario generale della Fim Cisl Basilicata, Antonio Zenga, non usa giri di parole e torna a suonare l’allarme sul rischio di un progressivo impoverimento dell’indotto Fiat a Melfi. Il ragionamento di Zenga è semplice ma carico di incognite: “Se, come sembra, Fiat continuerà a comprare alzacristalli elettrici dallo stabilimento ligure della Lasme per produrre la Grande Punto, allora vorrà dire che viene meno il principio della contiguità territoriale delle aziende dell’indotto, che è stato finora un caposaldo della produzione just-in-time. E così la Lasme, che non è stata la prima, come dimostrano le vicende di Valeo, Cf Gomma e Rejna, rischia di non essere neanche l’ultima a lasciare Melfi”.
Del resto la Fim aveva già lanciato un allarme in tal senso in occasione del suo ultimo congresso a marzo, quando, rendendo noto un rapporto della Johnson Controls (altra azienda dell’indotto), Zenga rivelò che i principali costruttori mondiali di automobili, Fiat compresa, si apprestano a produrre non meno di 5 milioni di autovetture nell’Europa orientale, con la conseguente delocalizzazione delle aziende della componentistica.
“La crisi internazionale – aggiunge il segretario generale della Cisl lucana, Nino Falotico – rischia di acutizzare gli effetti della ristrutturazione che sta già investendo in maniera massiccia tutto il comparto automotive. Ecco perché lottare oggi per salvare la Lasme – dice ancora Falotico – non significa solo scongiurare lo spettro della disoccupazione per i 174 operai di Melfi, ma significa soprattutto segnare una rotta per il futuro, che per il sindacato lucano non può che essere la difesa della centralità industriale di Melfi nello scacchiere della Fiat e del suo innovativo modello produttivo, così come del resto aveva sostenuto lo stesso Marchionne nel corso del vertice con il governo dello scorso aprile. Per questo riteniamo che in questa vicenda – conclude Falotico – il Lingotto non possa restare alla finestra, ma debba mettere tutto il suo peso e la sua reputazione per scongiurare il progressivo impoverimento delle sue aziende satelliti”.
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