“Nell’anno del federalismo fiscale (qualunque sia la conclusione del percorso in Parlamento) che in Basilicata coincide con la stagione delle grandi riforme di settore e della cosiddetta “governance territoriale”, il sindacato intende fare fino in fondo la sua parte partendo da un dato:
le Regioni hanno molti poteri, grazie al Titolo V della Costituzione italiana, ma hanno pochissime responsabilità. E’ quanto sostiene il segretario generale regionale della Uil della Basilicata Carmine Vaccaro, aggiungendo che “la sfida della riforma del federalismo fiscale dovrebbe proprio fare in modo che i poteri non siano disgiunti dalle responsabilità. L’obiettivo della riforma – spiega – è cambiare il rapporto tra cittadini e amministratori. I primi potranno condizionare, controllare, verificare in maniera più efficace di quanto, purtroppo, avviene adesso.
Un altro scopo del federalismo è razionalizzare il sistema fiscale. Su questo punto – continua Vaccaro – c’è bisogno di lavorare contemporaneamente a una riforma più vasta che elimini le storture del sistema che grava soprattutto sul lavoro, nelle sue variegate forme. Come Uil abbiamo sempre sostenuto che il federalismo fiscale non dovesse comportare aumenti della pressione fiscale a carico dei redditi fissi e, prima di procedere con la leva fiscale, era necessario quantificare con i “veri numeri” il costo di tale operazione. Mentre con la svolta impressa dal Governo siamo entrati nella fase attuativa senza che ad oggi ci sia una analisi vera e compiuta dei reali costi del fisco federale ed il loro impatto sui standard dei servizi nei diversi territori.
La ricetta che sembra delinearsi – aggiunge il segretario della Uil – è la più semplice: dare la facoltà di aumentare l’Addizionale IRPEF. Dovremmo, invece, prestare grande attenzione nel costruire un sistema fiscale trasparente, rendendo chiari e semplici i rapporti tra cittadino e fisco, tra contribuenti e amministrazione finanziaria, ed è per questo l’attuazione del federalismo fiscale deve essere inquadrata in modo armonico e contestuale con la riforma più complessiva del fisco. Ancor più saggio sarebbe stato mettere mano al funzionamento dei troppi livelli istituzionali che non solo “costano” ma, spesso, comportano inefficienze al sistema decisionale ed amministrativo. Pagare tasse non è gradito, ma pagarle inutilmente è una beffa.
Così come una riforma di tale portata o, per dirla come sostiene qualcuno “la madre di tutte le riforme”, ci domandiamo se non sia opportuno aprire una fase di forte dialogo con le forze sociali ed economiche.
E – continua Vaccaro – non sarà il federalismo a creare spostamenti di forza lavoro alla ricerca di condizioni fiscali più favorevoli. Questo già accade – dice – perché il livello di convenienza di un territorio rispetto a un altro oggi è dovuto al gap della qualità dei servizi pubblici, pur in presenza dello stesso sistema normativo e dello stesso sistema fiscale. Anzi, questo è il vero scandalo: a parità di servizio in alcune regioni i costi sono superiori rispetto ad altre. Per risolvere il problema un punto di inizio è l’introduzione di costi standard. Solo dopo si può pensare a fondi perequativi. Ma pensare che i livelli di compensazione debbano pagare le inefficienze, per essere benevoli e non usare altri termini, è una strada che non farebbe altro che accentuare le differenze e prima o poi porterebbe il bilancio pubblico al disastro”.
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