“L’iniziativa avviata dalla UIL a livello nazionale, che presto diventerà territoriale, in tema di pensioni ha un forte significato di tutela di diritti acquisiti dai lavoratori di ogni settore e di equità sociale”. E’ il commento del segretario generale regionale della UIL Basilicata Carmine Vaccaro per il quale

 “se dovesse passare l’ipotesi su cui sta lavorando il Governo Monti, su pressione della Commissione Europea e della lobby dei banchieri d’Europa, potrebbe essere molto diffuso da noi in Basilicata andare in pensione a 73-74 anni, vale a dire dopo 43 anni di contribuzione tenuto conto che da tempo si è alzata l’età media dell’inizio per i lucani dell’avvio al lavoro a tempo indeterminato e senza i noti meccanismi di precariato e lavoro nero. Anzi, dall’osservazione più attenta delle assunzioni, è possibile verificare che ci sono persone che cominciano a lavorare anche a 34-35 anni e che quindi dovrebbe andare in pensione a 77-78 anni!”.

Secondo Vaccaro “nel Paese ci sono quelli per i quali l’abolizione dei privilegi è come la dieta, che parte sempre dal lunedì successivo. E poi ci sono i lavoratori dipendenti per i quali, invece, le bastonate hanno addirittura effetto retroattivo. E’ un pezzo che subiamo una subdola erosione delle garanzie previdenziali vigenti, ma le voci che circolano da qualche giorno, dallo sforamento dei 40 anni di servizio all’estensione generalizzata del sistema contributivo, sono semplicemente vergognose. Dire ad una persona che è arrivata alla fine della vita lavorativa che la sua pensione verrà pesantemente decurtata rispetto a quella attesa, e senza che abbia avuto modo di costruirsi una pensione integrativa, è un furto. Vuol dire condannare centinaia di migliaia di lavoratori, che per inciso sono quelli che hanno versato i contributi più alti di tutti, ad una vecchiaia di precarietà e disagi. Deve esserci una proporzione tra i contributi versati e l’assegno di pensione che si percepirà, eliminando dunque “vantaggi variegati e incredibili” che persistono nel sistema previdenziale. Ma – conclude il segretario UIL – portare a 43 gli anni di contribuzione necessari per uscire dal lavoro, indipendentemente dall’età, sarebbe un “sopruso”.

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