La storia della sua famiglia è legata,
sin dalla fine del diciannovesimo
secolo, al quartiere periferico
potentino, un tempo aperta
campagna, di Macchia Romana.
Oggi, per Salvatore Iannarelli, ventiduenne
laureando e saggista, presidente di “We Love
Potenza”, l’ “amore” per la sua città (come il
nome della sua associazione impone) è proprio
una “missione”. E la distanza dal centro storico
del suo quartiere di residenza, sempre Macchia
Romana, ovviamente, è «un motore in più che
spinge il mio impegno a valorizzare in toto la
città».
Qualche tempo fa, per Villani Editore, è
uscito un suo libro “85100 Potenza, una
Città da scoprire”. Il suo testo è incentrato
sul Capoluogo inteso anche come risorsa
turistica, concetto che, per i Potentini,
spesso ha i connotati di un vero “oggetto
misterioso”. Da noi per primi la città viene
vista come hub di servizi e basta.
Credo proprio che per promuovere la nostra città
dal punto di vista turistico si debba innanzitutto
uscire dal luogo comune di “Potenza, città dei
timbri”, una città piena di uffici, nella quale si
viene solo per motivi “tristi”: l’ospedale, una
causa giudiziaria in tribunale. Possiamo invece
diventare una città di benessere, di sviluppo
tecnologico (se pensiamo alle aree industriali
che ci circondano, tipo Tito Scalo). Possiamo
diventare, al di là dei titoli già conferitici,
“Città d’arte”, ma nel vero senso della parola.
Quando e se viene un turista a Potenza, lei
dove lo conduce, in primis? Immaginiamo di
portarcelo per mano…
…al centro storico sicuramente. E’ una tappa
imprescindibile, poiché vi sono la maggior
parte delle chiese e soprattutto dei palazzi
gentilizi (anche se non tutti sono aperti). Dal
centro storico, poi, mi sposterei nella zona del
Basento, onde concludere l’itinerario nella
parte un po’ più “archeologica” e antica, nel
senso di romana, della città e quindi andrei
alla volta della villa romana di Malvaccaro.
C’è qualcosa della storia di Potenza di cui
non si parla mai a sufficienza?
Anche a livello di dominazioni, la nostra è
sempre stata una città importante, non solo

dal punto di vista religioso (Potenza nasce
come città vescovile), ma anche dal punto di
vista storico, con i grandi signori che sono
stati qui. Ai tempi di don Iñigo de Guevara
Potenza esprimeva il vicerè di Napoli, che era
proprio Don Antonio, figlio di don Iñigo stesso.
Un’altra curiosità è senz’altro quella relativa
a Sforza, che prima di prendere possesso di
Milano era signore di Potenza (in seguito
cedette la città a un suo parente, Micheletto
Attendolo di Cotignola). Pertanto, voglio
andare contro, con tutta la forza che ho, a quel
detto locale secondo il quale “A Putenz’ nun
gne niend”. A Potenza c’è invece una grande
storia, che va riscoperta e valorizzata, questo
sì, ma che non ci rende inferiori ad altre città.
E qui veniamo alle dolenti note. Abbiamo
saputo valorizzare le nostre risorse storiche
e culturali? E se no, perchè?
Non vorrei esprimere giudizi, ma posso dire
che quanto già si è fatto può essere fatto
ancora meglio. Il mondo della cultura e
della promozione turistica della città a mio
avviso è un mondo sempre perfettibile, viepiù
per la presenza di nuove tecnologie e grazie
al coinvolgimento di generazioni sempre
nuove (senza coinvolgere i giovani, tutto il

discorso viene meno). Oggi, al tempo del calo
demografico, credo che le due parole chiave
debbano essere “giovani” e “comunità”.
Ma perchè i turisti continuano a essere pochi
a Potenza?
Sicuramente la collocazione della città, in
mezzo alle montagne, non aiuta. Per quanto
possa anche apparire poetico considerarci
come “una perla in uno scrigno”, essere
“il capoluogo più alto d’Italia” non è una
nota a nostro favore, tento meno a livello di
collegamenti autostradali. Tuttavia, ho notato
che qualche turista comincia ad arrivare,
soprattutto d’estate: l’ideale sarebbe gestire
in maniera organizzata i flussi. Mi spiego: se
un turista viene di domenica, dovrebbe trovare
aperto qualche ristorante ove poter mangiare e
magari anche qualche locale per lo svago, fra
una passeggiata e l’altra.
A proposito di locali, lei è un giovane
e immagino che, come i suoi coetanei,
partecipi alla “movida” serale del weekend,
a proposito della quale, in Centro e non solo,
sono in atto molte polemiche, attinenti a
sicurezza, degrado ambientale e schiamazzi.
Come vede la situazione?
Alla mia età piace far tardi e sperimentare i

locali notturni che ci sono. Posso dire che, tolto
qualche caso, la pressione sul centro storico,
fino all’una e mezza di notte circa, dopo una
certa ora finisce. Tuttavia devo ammettere,
anche tristemente, che lo “struscio” che hanno
vissuto i nostri nonni e i nostri genitori è finito.
Ma, d’altro canto, pur volendo tutelare la
sicurezza di residenti e avventori, credo che
non si possa andare in maniera fiscalissima e
super-autoritaria contro un locale che magari
fa musica un po’ più del dovuto. Dopotutto si
tratta di attrarre i giovani in Centro, e tenga
conto che oggi manca una fascia generazionale,
quella dai diciotto ai venticinque anni, che
ormai sceglie di non venire in via Pretoria e di
frequentare altre zone, come Poggio Tre Galli,
o di recarsi direttamente nei locali (che pur
rappresentano un giusto contraltare del centro
storico, tanto a livello di gestione dei flussi
quanto di alleggerimento della “pressione”).
Rimanendo in centro storico, sono in atto
feroci polemiche per i lavori di ripristino in
Largo Duomo (e a San Michele), che a detta
di alcuni rischierebbero di compromettere la
“storicità” di quei luoghi.
Sicuramente quella è la piazza principale di
Potenza (il capitolo del Duomo era il più ricco,
fino al 1800, a livello nobiliare e di possedimenti
terrieri, senza contare Palazzo Scafarelli e gli
altri edifici gentilizi) ed è triste vederla in quelle
condizioni; ma dal momento che i lavori sono
inamovibili, non credo che si possa fare molto,
a parte contemperare la necessità di bellezza
con le esigenze, amministrative e tecniche, più
proprie dei lavori stessi.
Qual è invece un’altra zona di Potenza che
meriterebbe un po’ più…di luce?
La zona a cavallo tra Poggio tre Galli e Valle
del Basento, ove insiste una delle nostre
attrattive più grandi, il lungofiume, a proposito
del quale, come associazione, abbiamo
allestito diverse iniziative, come quella relativa
allo storico depuratore, uno dei primi in
Europa, e il primo impianto per acque luride
in Italia (quando magari a Milano o a Napoli
giravano ancora col carretto). La zona di
Poggio Tre Galli/Viale del Basento, dal canto
suo, sta avendo molto risalto dal punto di vista
commerciale ed economico, ma tenere aperta
ad perpetuum la villa di Malvaccaro sarebbe
una grande soluzione.
Lei è molto compito e preciso, ma c’è una
cosa che la fa incazzare, a proposito di
Potenza?
La mentalità auto-distruttiva di alcuni cittadini.
Dire -magari per moda- che qui non c’è niente
e che i giovani devono andare via, significa
andare contro noi stessi. Già siamo quattro
gatti! E il rischio concreto è di diventarne due!
Lei prima parlava di famiglie “ricche” che
esistevano una volta a Potenza, tuttavia
anche oggi ci portiamo dietro un’immagine
di “Città di Potenti”, non solo “di Potentini”.
Esistono davvero i “cerchi magici”, anche
culturali, qui da noi?
(sorride) Fortunatamente o sfortunatamente,
non so darle una risposta. Dal canto mio, mi
sto laureando e…dal punto di vista culturale,
trovo porte sempre aperte. Forse premiano
la giovane età o il volersi concretamente
impegnare per la città. Detto questo, beh, sì,
Potenza è sempre stata permeata da un senso
di importanza, che poi, certo, sfocia in certe
figure. La Storia ce lo insegna, non esiste una
famiglia importante senza un uomo importante
che gli dia lustro.
di Walter De Stradis

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