Scuola: tutti i numeri di uno scempio annunciato, per Legambiente: “tagli indiscriminati e nessuna proposta alternativa: aumentano gli alunni ma calano le cattedre, aumenta il precariato e chiudono le scuole. Peggiora l’offerta educativa e le condizioni formative nelle aree svantaggiate, a rischio le scuole dei piccoli comuni, 87mila cattedre in meno in soli 3 anni.
Manifestazione a Sasso di castalda Lunedi 15 Settembre alle ore 9.00.
Il progetto dei ministri Gelmini e Tremonti per migliorare la scuola prevede per i prossimi tre anni (2009-2011), un taglio dell’organico docente di 87mila cattedre, con una manovra che quintuplica di fatto i tagli effettuati dai vari governi (Moratti, Tremonti, Padoa Schioppa), negli ultimi sette anni.
Eppure, già dal periodo 2001/2002 al 2007/2008, a fronte di un aumento di 143.379 alunni e di 2.648 classi si è assistito alla soppressione di 18.314 cattedre con risultati niente affatto che positivi.
“Se in 7 anni si è riuscito a tagliare 18.314 posti di lavoro e la scuola continua a non migliorare, cosa succederà con i tagli promessi? La tesi portata avanti dai ministri Gelmini e Tremonti – ha dichiarato Vanessa Pallucchi, presidente Legambiente Scuola e formazione – parte da un presupposto sbagliato. Come dimostrato dai tagli effettuati dai precedenti governi, non c’è affatto corrispondenza tra tagli alla spesa pubblica e miglioramento della preparazione scolastica. Anzi, gli effetti sono solo peggiorativi. Come non convince l’analisi del problema che attribuisce alla sola preparazione scolastica la capacità di formare competenze”.
“Quello che colpisce nella discussione di queste settimane – ha aggiunto il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – è che si sostiene che gli insegnanti sono troppi, e nessuno si chiede ‘per fare cosa?’. Certamente è possibile fare razionalizzazioni per una maggior efficienza, a cominciare dalla proliferazione di indirizzi professionali ormai desueti, ma perché, per esempio, non ci si chiede anche che resa hanno avuto i finanziamenti alla scuola privata, che si sono moltiplicati negli ultimi anni senza nessun effetto positivo sul sistema?”
Sono molte le questioni aperte e i punti irrisolti per Legambiente:
Per la scuola superiore, già nell’occhio del ciclone per i problemi di gestione degli studenti (comportamento, bullismo) e basse performance (solo al 37° posto nell’indagine Ocse-Pisa per competenze scientifico-matematiche degli alunni quindicenni), questo taglio pari al 40,16% delle cattedre soppresse comporta un ulteriore peggioramento della situazione a causa delle classi ancora più numerose, con conseguente abbassamento della qualità d’insegnamento e della possibilità di intervenire sul fenomeno dell’abbandono scolastico che riguarda oggi circa 300mila ragazzi nei primi due anni delle scuole superiori.
Effetti ancor più drammatici potranno verificarsi nelle scuole elementari, dove a causa della sottrazione di risorse umane, si va a modificare l’organizzazione e la didattica di quel pezzo fondamentale della nostra offerta formativa che oggi è l’unico che registra performance degli studenti al di sopra delle media dei Paesi Ocse. L’istituzione del maestro unico e la messa a rischio della scuola a tempo pieno infatti, avrà come conseguenza un impoverimento didattico e culturale a danno di quello che ora è un riconosciuto modello di successo.
In generale, questi tagli presuppongono un incontrollato aumento del precariato chiamato a sostituire il personale docente, con conseguente effetto negativo sul processo che invece sarebbe utilissimo avviare per ridare dignità alla professione dell’insegnante, puntando sul merito e su un congruo aumento della retribuzione.
In sette anni la scuola italiana ha perso 32.888 docenti di ruolo. Nello scorso anno scolastico i docenti precari sono stati 141.735 (il 16,82 % del totale), il 5,20% in più rispetto all’anno scolastico 2001/02. Ovviamente, un docente precario costa molto meno allo Stato anche perché lo si assume per il tempo strettamente necessario. Dei 141.735 docenti precari in servizio nell’anno scolastico 2007/08 infatti, ben 119.687 sono stati licenziati al termine dell’attività didattica, con un notevole abbassamento della qualità dell’insegnamento, sempre più nozionistico e meno orientato alla cura dello sviluppo complessivo.
Anche per la Basilicata la situazione prevista è pesante ed insostenibile: 150 classi in meno e circa 500 docenti in meno.
In questo panorama le scuole più piccole rappresentano solo un costo e diventano quindi le principali vittime del processo di razionalizzazione della rete scolastica.
La scuola primaria perderà 314 sedi a fronte di un considerevole aumento di alunni: 45.729 in più dall’anno scolastico 2001/02. Questo, tendenzialmente, a danno delle scuole delle aree più marginali del Paese, che presentano indici numerici non in linea con i criteri di razionalizzazione. In assenza di criteri specifici per queste realtà si rischia quindi la chiusura di migliaia di plessi scolastici, situati soprattutto nei piccoli comini al di sotto dei 5000 abitanti, con conseguente aumento del disagio sia per le famiglie a causa del pendolarismo degli alunni anche molto piccoli, sia per gli enti locali che dovranno sostituirsi allo Stato per garantire il diritto allo studio nelle realtà colpite da questi provvedimenti.
Gli effetti più pesanti della manovra si abbatteranno sui più deboli: il numero degli studenti disabili che lo scorso anno hanno usufruito del sostegno sono 174.404, un numero già assai limitato e che il ministro Fioroni aveva cominciato ad implementare, e che invece rischia ora di subire ulteriori e drammatici tagli.
Legambiente ritiene che i parametri per la razionalizzazione della scuola debbano tenere conto della peculiarità del territorio italiano, caratterizzato dalla presenza del 72% dei comuni al di sotto dei 5000 abitanti, in particolare per la Basilicata dove questa percentuale sale al 75%.
I piccoli comuni rappresentano una realtà strategica per il presidio del territorio e la tenuta culturale ed identitaria del Paese e l’imposizione di obiettivi numerici a scala regionale, rischia di creare situazioni di svantaggio rispetto alla piena garanzia del diritto all’istruzione per i cittadini delle aree più marginali.
Legambiente ritiene dunque che per queste realtà occorra prevedere specifici criteri, che nell’ottica di una più efficiente organizzazione, tengano conto delle situazioni territoriali cercando di concordare i criteri di razionalizzazione con le diverse realtà territoriali (EE.LL., Regioni, USR,…), al fine di riuscire ad individuare il migliore parametro organizzativo, anche attraverso l’adozione di soluzioni territoriali originali, adattabili ai bisogni delle diverse aree.
Tra le proposte di Legambiente quella di incoraggiare forme di organizzazione territoriale per l’ottimizzazione dei servizi, come l’associazione fra comuni, l’attivazione di sperimentazioni per l’utilizzo delle nuove tecnologie a fini didattici e per l’apprendimento a distanza e l’individuazione di modelli organizzativi interni alle scuole alternativi a quelli attualmente adottati.
È necessario, per la stessa sopravvivenza dei nostri piccoli Comuni individuare misure concrete di sostegno alle scuole di queste realtà territoriali e non abbattere la scure dei tagli indiscriminati.
Per rivendicare il diritto alla scuola nei piccoli Comuni sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema delle scuole dei piccoli comuni lucani Legambiente Basilicata e la Consulta Piccoli Comuni di Anci Basilicata organizzano una manifestazione a Sasso di Castalda, Lunedì 15 settembre alle ore 9.00 presso la scuola Elementare.
Saranno presenti all’iniziativa Maria Maranò di Legambiente Scuola e Formazione Nazionale, Nicola Valluzzi coordinatore della Consulta piccoli Comuni, Marco De Biasi Presidente di Legambiente Basilicata, Paolo Malinconico responsabile del settore Scuola di Legambiente Basilicata ed il Sindaco di Sasso di Castalda il dott. Rocco Perrone.
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