«Sono quasi cinquant’anni che frequento l’ambito sportivo, ho iniziato facendo l’arbitro di pallavolo nel lontano 1973. Con l’Asci, negli anni Ottanta, siamo stati la prima società a fare la serie A femminile di pallavolo, mia moglie giocava nella nazionale coreana e mio figlio ha militato in serie A col Civitanova. In età matura, poi, sono approdato allo “sport sociale”».

Si presenta così Domenico “Mimmo” Lavanga, potentino, una vita nella Rai locale come tecnico, oggi presidente regionale del CSI (Centro Sportivo Italiano), nonché della “Fondazione Marisol Lavanga – Ente Terzo Settore”, intitolata all’amata figlia, prematuramente scomparsa a causa di una malattia oncologica. Nella sua quotidianità, dunque, sport e valori sociali si intrecciano senza soluzione di continuità.

«Il CSI, per sua natura, si occupa di promuovere l’attività sportiva, ma con una differenza rispetto alle federazioni, che è quella di promuovere lo sport “sociale”, piuttosto che l’attività “agonistica”. Insomma, si cerca di mettere al centro la persona, e non il risultato, prestando dunque attenzione all’inclusione e alla parità di genere. Il motto del CSI è infatti “educare attraverso lo sport”. In Basilicata la nostra è una realtà in forte crescita, perché c’è sempre più bisogno di uno sport “sociale”. Ci sono tre comitati territoriali (Potenza, Matera e Melfi) e come presidente regionale rappresento ben 188 società, che praticano ogni tipo di sport. A giugno di quest’anno i tesserati lucani erano 11.500. E’ come se fossimo una piccola città: mi sono preso la briga di controllare e questo numero equivale agli abitanti della città di Venosa!».

d: Potenza è stata anche “capitale” Europea dello Sport. Ci sono state polemiche per come si è presentata all’importante appuntamento, ovvero sulla presenza e soprattutto sulla “tenuta” di adeguate strutture sportive.

r: Potenza Città Europea dello Sport è stata una bella intuizione, capitata però nel periodo brutto del Covid. Tante manifestazioni non si sono potute fare. Tuttavia, se il discorso lo guardiamo dal punto di vista dello sport agonistico, la città è chiaramente in sofferenza per quanto riguarda l’impiantistica. Per quanto attiene, invece, allo sport sociale, ritengo che gli impianti cittadini POSSANO essere sufficienti (se includiamo anche a quelli delle scuole, di competenza del Comune e di competenza della Provincia). Numericamente, dunque, gli spazi ci sarebbero.

d: Però?

r: Il problema è come vengono gestiti e come vengono assegnati. Si è rimasti fermi a vecchie logiche, che privilegiano l’attività agonistica rispetto a quella sociale.

d: E’ dunque un ragionamento politico, questo.

r: Assolutamente sì. E’ una cosa che ho lamentato negli anni: nelle città un po’ più “evolute”, dell’impiantistica si occupano le consulte sportive, fatte dagli addetti ai lavori; nella nostra città ti devi rapportare con l’assessore di turno, che dovrebbe avere un livello “più alto” di mansioni, e non certo occuparsi di dare in gestione cosa a chi. Anche quando le strutture vengono date alle federazioni, beh, c’è sempre un litigio, e va a finire che nella palestra dove si può fare la pallavolo si va a praticare la danza, e viceversa. E’ dunque un problema di gestione, e non di numeri.

d: La sede del CSI è presso il Parco Baden Powell di Potenza, attualmente “in balia” dei cinghiali. La questione generale sta acquisendo dei connotati anche risibili: come mai non se ne viene a capo?

r: Quello dei cinghiali nel nostro parco è un problema reale, tanto più che c’è di mezzo anche una scuola, con bambini dai tre ai dodici anni. Questi animali di recente sono più volte entrati nel Baden Powell; in autunno/inverno cadono le ghiande ed essi trovano terreno fertile. La recinzione c’è, ma i cinghiali scavano e aggirano il problema. Anche in qualità di socio della cooperativa Venere, mi sono trovato di fronte a un caso di “impotenza istituzionale”. La prima volta, i cinghiali entrarono nel parco di pomeriggio (e non di sera, come di solito succede), mentre si teneva il mercatino dell’usato. Chiamai tutti: vigili del fuoco, carabinieri, carabinieri forestali, polizia. Nessuno di loro aveva la competenza per intervenire. Alla fine arrivarono gli agenti della Polizia Locale, lamentando però che la competenza fosse della Regione Basilicata!

d: Il classico scarica-barile.

r: E ti confronti con un problema reale, che al momento ti porta ad adottare soluzioni spiacevoli (chiudere il parco alle 16 e 30). Sulla questione è poi intervenuto il sindaco, con un’ordinanza di abbattimento (si tratta di narcotizzare i cinghiali e poi catturarli), ma il problema non si è risolto. Per la verità, da quando nel parco è entrata la Protezione Civile, gli animali non si sono fatti più vedere, avendo probabilmente fiutato la trappola (sorride). E’ un problema grave, ma credo che le disposizioni debba darle la Regione.

d: Cambiamo argomento, e passiamo alla mission della Fondazione “Marisol Lavanga”, che si occupa dei diritti dei minori, malati oncologici. Lei è presidente di questa fondazione -intitolata alla memoria della sua giovane figlia, promettente atleta, scomparsa prematuramente a causa di una malattia oncologica- che si occupa dei diritti dei minori affetti da tali patologie, cercando soprattutto di arginare il fenomeno della migrazione sanitaria.  

r: Il problema della migrazione sanitaria C’E’ in Basilicata, è grave e attanaglia un po’ tutta la sanità. In ambito oncologico, siamo la sola regione (insieme a Val D’Aosta e Molise, mi sembra), in cui non c’è un reparto di chirurgia pediatrica. Il che comporta, in caso di necessità, il dover “emigrare” altrove, aggiungendo al dolore di avere un figlio malato, lo spaesamento di doversi confrontare con grosse città, Roma, Padova, Milano, ove magari non sai nemmeno dove acquistare una bottiglia d’acqua minerale. Vorrei raccontarle un fatto. Prima di dare vita alla Fondazione, avviammo un Comitato promotore, utile a raccogliere i fondi necessari per crearla. Il 16 giugno scorso (giorno del compleanno di Marisol), costituimmo la Fondazione, e il giorno stesso mi arrivò la telefonata di un amico, che mi parlava di una bambina di Satriano di Lucania, la quale, a seguito di un arresto cardiaco, era stata portata con l’eliambulanza al Bambin Gesù di Roma. La speranza era quella di un trapianto. Il senso della chiamata era quello di trovare una sponda per rendere le cose più facili a una mamma disoccupata e a un padre imbianchino precario. Ci interfacciammo dunque con un’associazione amica, l’Arcoiris, che ha un’apposita casa in loco, ove è ospitata ancora oggi quella famiglia. Abbiamo fatto varie iniziative insieme (anche grazie alla generosità dei cittadini di Satriano) e la bambina ha avuto il trapianto e adesso è nel suo decorso. Si tratta insomma, di quel tipo di cose per le quali vorremmo dare un contributo maggiore.  

d: Se potesse prendere l’attuale Presidente della Regione sottobraccio, cosa gli direbbe, anche in via confidenziale?

r: Beh. Se parliamo di tumori, molto probabilmente la nostra è una regione in cui c’è una maggiore incidenza, specie in Val D’Agri. Non so se è stato istituito il registro dei tumori, ma -visto che il discorso è collegato- con quei coi fondi del petrolio sarebbe opportuno migliorare, sul serio, le strutture sanitarie nostre. In passato un po’ di eccellenze le avevamo: il Crob ERA un’eccellenza, venuta meno col passare degli anni, anche a causa della “concorrenza” (creazione dell’oncologia a Potenza etc.). La migrazione sanitaria, che riguarda molto il settore di cui ci occupiamo noi, significa anche soldi dei Lucani che vanno riversati nelle altre regioni. Il san Carlo, il Crob, il Madonna delle Grazie, di base, sono strutture eccellenti, che invece di produrre reddito (con un servizio migliore, potremmo accogliere noi gli utenti delle altre regioni), sono tenute vuote o mal funzionanti. E ciò produce la migrazione sanitaria.

d: Quelle strutture sono Ferrari guidate come se fossero delle auto normali?

r: Sì, diciamo che necessiterebbero di un buon pilota.

d: Fra poco si voterà anche per il sindaco di Potenza: cosa suggerirebbe ai candidati?

r: Sono nato e cresciuto in questa città, ma più si va avanti e più la trovo imbarbarita. Le strade, il verde pubblico, l’illuminazione, sono peggiorati, c’è una trascuratezza generale. Al di là del fatto estetico, manca il miglioramento culturale, si registra l’assenza di eventi che possano richiamare anche personaggi importanti. Faccio questa analisi da semplice cittadino che vede la città smarrita, non più in grado di dar vita a confronti costruttivi, in cui si fanno ormai solo manifestazioni “spot”, che lasciano il tempo che trovano.

di Walter De Stradis

https://youtu.be/4jjkbBEjvik

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