Era lucano, originario di Lagonegro, in provincia di Potenza, il  Tenente Antonio Fortunato, C’era lui al comando della pattuglia che stamani ha subito l’attentato a Kabul. 

Trentacinque anni, di stanza alla caserma ‘Bandini’ di Siena, sede del 186* reggimento ‘Folgore’, Antonio viveva con la moglie  e il figlio di 6 anni a  Badessa, paese nel Comune di Monteriggioni, alle porte di Siena.  Gianna la moglie,  insegnante precaria anche lei originaria della Val d’Agri, ha appreso della morte del marito in caserma, dove si era precipitata per avere notizie del marito subito dopo aver appreso dell’attentato.  E’ toccato al colonnello Benito Milani, comandante del 186* reggimento, a cui appartenevano 4 delle 6 vittime, darle la tragica notizia. A lei e al bambino è stato garantito il supporto di una psicologa.  Il Colonnello Milani ha ricostruito le circostanze dell’attentato: “i militari  stavano facendo un servizio di scorta tra l’aeroporto, dove erano andati a prendere il personale appena rientrato dall’Italia,  e la caserma italiana. “Tutti i militari, ha precisato Milani, erano adeguatamente addestrati per questo genere di attivita’: ”Quando si va in questi posti bisogna per forza essere addestrati”. Il tenente Antonio Fortunato-ha continuato-  ”era il comandante di questo plotone di scorta ed effettuava questo servizio tutti i giorni. Penso che fosse nel primo mezzo”.                                                        I genitori e i fratelli (Alessandro e Teresa) sono in viaggio per raggiungere la moglie e il figlio di Antonio, che sono in Toscana.  Nella casa dei genitori di Fortunato, a Tramutola, nella campagna potentina, dove il tenete ha vissuto per diversi anni, riaffiorano i ricordi di chi gli ha voluto bene: Antonio aveva cominciato la carriera nell’ esercito 15 anni fa, dopo la leva militare. In paese veniva per salutare i genitori. L’ultima volta era tornato  a maggio, prima di partire per l’Afghanistan. «Era un uomo grande, maestoso, che amava profondamente il suo lavoro»: così, tra le lacrime, la cugina Antonietta lo ricorda, e amava il suo lavoro, per lui ogni missione era un’avventura dalla quale portare a noi della famiglia qualcosa di nuovo».  E la famiglia lo amava e  rispettava la sua scelta, anche se il padre, come ha raccontato il Sindaco di Tramutola,  temeva  le sue missioni in Afghanistan.  E purtroppo oggi insieme alla famiglia, Tramutola piange il suo eroe.

giovanna colangelo

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