Da tempo si discute circa le primarie per l’individuazione dei candidati sindaci alle imminenti amministrative della città di Potenza. Non solo il partito di maggioranza, ma anche alcuni partiti di opposizione, sembravano guardare a questo esercizio con un dichiarato favore che sembrava non nutrire dubbio alcuno.
D’improvviso il cielo si fa nebuloso, come le spiegazioni che si sono addotte per non non ricorrere più a tale strumento, e a oggi la situazione presenta degli evidentissimi punti oscuri di difficile comprensione, ma che non lasciano intravedere nulla di buono per il futuro della città.
Noi di Azione Civica, che siamo una lista autonoma e indipendente dal sistema tradizionale dei partiti, che non abbiamo mai fatto parte di alcuno schieramento partitico, nè di coalizioni, non abbiamo certo bisogno di ricorrere all’uso delle primarie per definire i nostri equilibri interni, ma questo non ci impedisce affatto di guardare a questa esperienza come a una prova esaustiva di democrazia partecipata, che poi rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione programmatica.
Pur essendo ben consci del “rischio” a cui si va incontro adottando la pratica di una consultazione pubblica pre-elettorale, riteniamo tuttavia che esso rappresenti uno dei rarissimi veicoli di partecipazione politica per i militanti e gli elettori, ampliando notevolmente il ventaglio delle opzioni politiche disponibili.
Tale opportunità consegna inoltre ai cittadini uno strumento efficace per spezzare le incrostazioni oligarchiche che talvolta soffocano le energie vitali dei partiti e rendono asfittiche e autoreferenziali le loro dinamiche interne.
Ed è per questa ragione che la decisione, dall’una e dall’altra parte di evitare (questo è il verbo più azzeccato) il ricorso a tale strumento, apre una serie di domande di difficilissima soluzione.
Perchè il partito di maggioranza ed i suoi vari alleati, pur avendo sbandierato a più riprese il ricorso alle primarie di coalizione come un mezzo di assoluta trasparenza per l’individuazione del candidato sindaco, non vuole più sottoporsi alla pubblica consultazione?
Come mai il candidato sindaco è stato scelto in base all’arcaico modo da sempre usato, ovvero quello di riunirsi dentro una camera e uscirne solo quando quattro o cinque persone non hanno deciso delle sorti del futuro candidato, e con esso, dell’intera comunità che presumibilmente egli guiderà per il prossimo quinquennio?
Come si può impedire ai soliti noti di compiere l’ennesima scelta nel chiuso di una stanza, facendo pesare su poche persone il destino di un’intera comunità ridotta allo stremo dopo un decennio di scelleratezze di ogni genere che hanno portato la città non solo sull’orlo del fallimento economico finanziario ma anche privata di servizi reali e con un livello così basso di qualità della vita da ricordare anni lontani anni luce dall’isola felice che era?
Quando le oligarchie di un partito che non si rende conto degli errori marchiani commessi saranno definitivamente accantonati da una politica più trasparente e inclusiva, che rimetta veramente nelle mani del popolo l’uso della democrazia quale unico strumento capace di restituire alla città le necessità di cui ha bisogno?
Quanto peso ha ricevuto, nella decisione di non ricorrere a tale strumento, la elezione dell’attuale governatore della Regione, forse uscito da un responso popolare come vero outsider, e quindi senza che la parte dell’oligarchia di partito sia stata capace di valutare realmente la portata di uno strumento che sembra essere uscito completamente al di fuori dal controllo delle stesse oligarchie?
Sarà questa la ragione per la quale, al Comune di Potenza, non si è disposti a correre lo stesso rischio, ovvero quello che il presunto vincitore di una pre-consultazione popolare non sia lo stesso preferito dalla parte prevalente dello stesso partito di maggioranza?
Ma quanta democrazia vera è ancora rimasta in questa città, in questa regione?
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