La riorganizzazione della rete scolastica territoriale non può operare tagli indiscriminati, prescindendo dal confronto con gli enti locali.
Questo il concetto cardine attorno a cui è ruotato il consiglio provinciale di questa mattina, convocato in via straordinaria sul tema della scuola, “per testimoniare – ha affermato il presidente dell’assise Antonio Salicone in apertura dei lavori – l’attenzione di questo Ente nei confronti di un tema importante che necessita di una mediazione tra le diverse forze politiche”.

“La scuola – ha sottolineato a tal proposito l’assessore provinciale alla Pubblica Istruzione
Domenico Vita – è un bene della collettività e non appartiene a nessuna forza politica. Dobbiamo tentare di costruirne una di eccellenza, che tenga conto della situazione reale di ciascun territorio, coniugando la salvaguardia del patrimonio educativo con la razionalizzazione delle spese”. In tale ottica Vita, condannando la decisione di commissariare chi non rispetta la scadenza del dimensionamento prevista per il 30 novembre, ha proposto di costituire gruppi di lavoro a cui sia affidato il compito di monitorare il territorio, per poi elaborare proposte concrete.

“In controtendenza con i provvedimenti del governo, che rispondono più a logiche comunicative che di reale riforma della scuola dobbiamo avviare – ha affermato il presidente della Provincia Sabino Altobello – un’attività di grande concertazione con i soggetti del territorio, per costruire politiche scolastiche compatibili con le reali possibilità di sviluppo”.
E’ proprio in questo quadro che si inserisce l’idea dei patti formativi locali, “un modello non autoreferenziale, una filiera dell’apprendimento capace di agganciare l’istruzione e la formazione all’occupazione, intercettando fondi complementari, dal momento che quelli ministeriali, alla luce della riforma, rischiano di penalizzare ulteriormente la scuola lucana”.

Una scuola che – come ha messo in evidenza il direttore scolastico regionale Franco Inglese – presenta diverse criticità, tra cui l’inadeguatezza dei trasporti e la forte denatalità dei comuni.
“Nell’ultimo anno – ha affermato – la Basilicata ha perso 1.700 alunni e 800 docenti. Ci vogliono politiche che invertano le tendenze allo spopolamento, trasporti adeguati e reti scolastiche efficienti sulle quali allocare risorse. Il tutto attraverso un corretto dimensionamento che va realizzato tempestivamente”.
Sull’inopportunità della scadenza del 30 novembre, invece, è intervenuto, tra gli altri, anche Nicola Valluzzi che, in rappresentanza dell’Anci Basilicata, ha annunciato un ordine del giorno dell’associazione per rimuovere lo spauracchio del commissariamento per chi non rispetta la data.
“Il rilancio del sistema scolastico pubblico – ha affermato – non potrà essere in nessun modo assicurato da un sistema indiscriminato di tagli che non distingue tra scuole di grandi e piccoli comuni. Va costruito un meccanismo normativo tarato sulle realtà locali. Realtà che in Basilicata i numeri fotografano impietosamente. Ci sono 67 scuole primarie con meno di 50 alunni, di cui 35 rappresentano l’unico istituto scolastico dei comuni che le ospitano. Dei 76 istituti comprensivi esistenti, infine, 25 hanno meno di 300 alunni e alcuni poco più di 100”.

L’ impraticabilità di tagli generalizzati, che non tengano conto delle specificità e dei problemi locali, è stata infine sottolineata anche da Pierluigi Smaldone, presidente provinciale della Consulta studentesca, secondo cui è proprio questo aspetto del decreto ad aver scatenato la protesta, risvegliando le passioni e la coscienza civile dei giovani.

Al consiglio straordinario hanno partecipato anche alcuni sindaci della provincia.
 

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