LA DIFESA DELLA DIGNITA’ CONTRO LA VIOLENZA DELLE ESTORSIONI
Appello alle imprese lucane

All’arroganza proprio non ci abituiamo.
E non ci abituiamo alla sfacciata prepotenza di chi impone tasse da pagare a onesti lavoratori in cambio di presunte protezioni.
Lo chiamano pizzo, noi lo chiamiamo più semplicemente delitto: alla libertà di impresa, alla dignità personale, all’economia di un territorio.
A differenza di altre regioni di questo sud aggredito dalle mafie non si può dire con certezza che il pizzo sia un fenomeno devastante in Basilicata: certo, i vari gruppi criminali che negli anni si sono succeduti, dagli Scarcia ai Basilischi, non hanno fatto mai mancare il loro fiato sul collo di tante attività commerciali e imprenditoriali della regione, ma grazie all’incessante lavoro delle autorità giudiziarie non hanno mai avuto il tempo di diventare Sistema.
Ma siccome non bisogna mai abbassare la guardia senza mai illudersi sulla capacità rigenerativa dei sodalizi criminali soprattutto quando l’attenzione generale è rivolta ad altro, a problemi pure inquietanti e che pure vogliono la massima attenzione – come è avvenuto in Basilicata in questo ultimo anno – noi leggiamo con preoccupazione le notizie di cronaca che ultimamente registrano in Basilicata una serie di incidenti di origine dolosa avvenuti a danno di piccole attività commerciali ma anche di grandi aziende.
Se queste notizie le leggiamo alla luce dalla recente relazione dalla Direzione Nazionale Antimafia sulle attività criminali in Basilicata, alla luce del recente Rapporto nazionale sul 2007 effettuato da SOS Impresa che evidenzia la presenza in Basilicata di almeno mille commercianti presumibilmente coinvolti in fatti estorsivi e soprattutto tra il Melfese e il Metapontino, e considerando che il pizzo generalmente non consiste solo nel pagamento di una tangente ma anche in una più complessa serie di attività che mirano a condizionare la vita di un’impresa – per esempio, l’acquisto di materiali solo da determinati fornitori, l’assunzione imposta di certe persone o l’invito obbligato a non partecipare a certi appalti – se quindi pensiamo a tutto ciò la nostra preoccupazione diventa necessariamente un appello a quei commercianti e imprenditori piccoli o grandi che in Basilicata in silenzio potrebbero subire o già subiscono le prepotenti vessazioni di gruppi criminali, ad uscire allo scoperto, denunciarli, mettersi insieme in vere e proprie forme associative antiracket.
Non è solo perché lo Stato può mettere a disposizione strumenti legislativi in base a cui poter aiutare le imprese in difficoltà a reinserirsi nell’economia legale, ma è una questione di dignità.
Quella che nessun delinquente, neanche di mezza tacca, può mai pensare di mettere sotto gli indecenti piedi della propria prepotenza.

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