Tutte le strade portano a Roma, ma qualcuna si ferma anche a Potenza. Tra queste quella del Popolo della Libertà lucano, il quale le sue scelte politiche le fa e le attua nel territorio; compreso quella che porterà ai congressi provinciali.
Specifico meglio: le decisioni di portata regionale appartengono alla sfera dell’autonomia degli iscritti e dei dirigenti di Basilicata, è anche ovvio che si mantenga viva una dialettica con i vertici romani. Ma far passare il normale relazionarsi con i livelli apicali non significa subire “strigliate” o “diktat” dalle rive del Tevere. Comprendo che reperire notizie spesso è difficile, a volte si deve anche condirle con pepe – è nel gioco dei ruoli – ma se alla notizia si aggiunge il gossip allora si corre il pericolo di non dare una corretta informazione cadendo nel verosimile o anche nel poco simile. Il Pdl lucano giunge ai suoi congressi provinciali dopo una lunga fasi pre congressuale, con una capillare attività di tesseramento che avevano unico scopo coinvolgere uomini e donne simpatizzanti e dare al contempo una carica a chi tesserato lo era già. Ma non è stato solo tesseramento, vi è stata anche una discussione interna con la nascita di tre mozioni, ampiamente discusse anche pubblicamente. Certo, erano documenti che avevano anche differenze – ci mancherebbe altro siamo un partito plurale- ma altrettanto ovvio che hanno un solo obiettivo comune: quello di rafforzare il Pdl lucano e creare un’alternativa sempre più forte al centrosinistra lucano, con l’orizzonte comune di diventare maggioranza politica in Basilicata. In questo vi è l’unità di tutti, dal nuovo tesserato al più anziano, da chi proviene da Forza Italia e da chi è un ex An; che accomuna gli eletti in parlamento o in consiglio regionale al semplice ed appassionato militante di sezione in qualunque paese lucano. Permette che in un grande partito vi siano posizioni politiche diverse, sensibilità ed esperienze che rispecchiano un ampio spettro di culture politiche: si chiama pluralismo ma che trova una sintesi nel senso di responsabilità politica, nel sentirsi classe dirigente del Popolo della Libertà e nel desiderio di poter creare un Partito diverso rispetto al passato. Un partito che dopo la sua nascita – poiché impegnato nel governare l’Italia, ha rimandato ma non evitato una fase congressuale che ponesse le basi per il superamento delle famose quote ormai anacronistiche e per una nuova struttura organizzativa. Ora quella fase si sta avviando alla conclusione e anche in Basilicata, seppur all’opposizione, siamo un grande partito che rappresenta e rispecchia un’ampia fetta di opinione pubblica e siamo anche l’asse portante dell’alternativa al centrosinistra lucano. Quindi è normale che in una fase di complessivo rinnovamento nel partito – non anagrafico ma di prassi politica- che deve portare anche ad un nuovo assetto organizzativo, la migliore soluzione sia la condivisione del percorso tra tutte le componenti, le anime, le varie sensibilità. Aggiungo che si è trattato di un complesso lavoro di condivisione delle scelte, del rispetto dei ruoli e delle funzioni e non di semplici o banali incontri tra maggiorenti di partito. Forse qualcuno esterno sperava in una balcanizzazione del Pdl, nella rottura tra i gruppi dirigenti ma non è stato cosi e non sarà così. Con il Partito nazionale abbiamo proficui e stretti contatti, come normale e giusto che sia nel reciproco rispetto e divisione di ruoli e funzione; poiché ci chiamiamo Popolo delle Libertà e non partito Marxista –Leninista e neanche Pd – dove l’ombra dei Big sovrasta sempre il partitello lucano- vi è totale autonomia nella scelte locali- quindi niente tavoli romani e scelte capitoline: il segretario Angelino Alfano si occupa della politica nazionale e i dirigenti lucani si occupano della politica regionale, senza interferenze o ordini dall’alto. Quindi, in conclusione nessun compromesso o pace armata ma esclusivamente un comune progetto condiviso finalizzato a far diventare il Pdl maggioranza in Basilicata. Per quanto riguarda l’operato del sottoscritto e di coloro che hanno sostenuto la mozione “Io non mi arrendo”: prima ci siamo impegnati in una analisi politica e nella formulazione di un documento; poi il confronto con le altre mozioni e poi solo dopo una serrato confronto dialettico e squisitamente politico sono arrivate le ipotesi di organigramma.
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