Lasme: la protesta si fa estrema. Dalle 10 di questa mattina i quattro operai, che dallo scorso giovedì sono saliti su una piattaforma dello stabilimento di Melfi,alla notiza del nulla di fatto nell’incontro a Roma, hanno iniziato lo sciopero della fame. Per domani mattina alle 10 è stata convocata a Melfi l’assemblea dei lavoratori che dovranno votare a scrutinio segreto la proposta presentata nel corso del vertice dall’azienda.

I 4 lavoratori della Lasme di Melfi che da 5 giorni sono su un impianto a circa 20 metri dal suolo, “alla notizia del nulla di fatto nell’incontro del Mise di ieri, incontro durante il quale si è resa nuovamente palese l’ indisponibilità dei vertici aziendali a un qualsiasi accordo condiviso dalle parti, hanno dalle ore 10 di questa mattina iniziato lo sciopero della fame”. Lo ha reso il segretario regionale della Fiom CGIL, Giuseppe Cillis, informando inoltre di aver presentato al Ministero una controproposta che prevede il mantenimento al Sito di Melfi delle produzioni indicate nella proposta del Mise, l’utilizzo a rotazione di tutti i lavoratori, la disponibilità ad un accordo sindacale di CIGS per 24 mesi e di gestione degli strumenti di ricollocazione al lavoro, compresa la reindustrializzazione, l’anticipazione del trattamento di Cigs fino alla erogazione diretta da parte Inps.
“Nel corso dell’incontro di ieri l’azienda ha presentato un piano industriale alternativo che prevede la ricollocazione di un terzo circa dell’attuale forza lavoro, ma che – ha dichiarato Cillis- non tiene conto delle nostre richieste”. La proposta aziendale sarà domani sottoposta al voto a scrutinio segreto dell’assemblea dei lavoratori. Pur prendendo atto dell’indisponibilità aziendale, il segretario generale della Fim Cisl Basilicata, Antonio Zenga, ha dichiarato che “la proposta che domani passerà al vaglio democratico dei lavoratori è, come ogni compromesso, vicino al massimo risultato possibile, in considerazione delle difficili condizioni in cui si è sviluppata la trattativa fin dalle prime battute. Non ha certamente giovato – ha detto ancora Zenga – la rottura del fronte sindacale, comprensibile quando si parla di contratti, ma del tutto ingiustificabile nel bel mezzo di una vertenza sindacale, con il non insignificante risultato di aver indebolito il potere contrattuale dei lavoratori.

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