Il messaggio delle Donne Uil per l’8 marzo con l’iniziativa nazionale che si terrà a Roma in occasione del “Gender New Deal”, con la partecipazione di una delegazione di dirigenti ed iscritte lucane alla Uil. Per uscire dalla crisi verso uno sviluppo duraturo è necessario che venga abbandonata la vecchia strada delle sfere separate

 (che in questo periodo sembrerebbe la più percorribile ma con danni irreversibili per l’economia nazionale) uomini nel mercato e donne regine del focolare, e percorrere una via nuova: un patto di genere per lo sviluppo del Paese e dell’Europa che come accadde nel ‘29 in America, risollevi il vecchio continente proiettandolo in un futuro 14 più“uguale” perché più competitivo: un gender new deal proposto dalle donne.

Il Quoziente Familiare così come è concepito – sottolinea la Commissione Pari Opportunità della Uil che sempre per l’8 marzo aderisce alla raccolta di firme contro le dimissioni in bianco – è un percorso non più praticabile, perché economicamente non sostenibile, e occorre trovare strumenti e modalità che garantiscano il lavoro femminile con sostegni concreti e innovativi. Diverse, in questi ultimi tempi, sono state le proposte; ne indichiamo due che potrebbero finalmente trovare una maggiore attenzione tra le parti sociali: la detassazione del lavoro femminile; crediti di imposta per tutte quelle donne che vogliono lavorare ma non guadagnano abbastanza per sostenere costi impliciti nel farlo: trasporti, rette per l’asilo o lo stipendio della baby-sitter, e così via.

Non possiamo in occasione dell’ 8 marzo – si sottolinea in una nota – non parlare del lavoro precario dei giovani occorre dare risposte concrete in quanto se rifiutiamo con convinzione l’alternativa o famiglia o lavoro, dobbiamo essere consapevoli che le nuove generazioni rischiano di avere poco dell’una e dell’altro. Il lavoro delle giovani donne troppo spesso è precario e sottopagato con insopportabili fenomeni di sfruttamento. Anche in questo caso è necessaria una azione comune per far uscire i giovani dalla precarietà mettendo in campo strumenti validi quali contratti che non incentivino il lavoro precario a vita e mettano fine alla pratica diffusa degli stage gratuiti e dei finti tirocini.

Sappiamo che è urgente aggredire alla radice il problema della “crescita e al centro degli interventi appena varati dal nuovo Governo Monti ci sono gran parte di quei nodi da cui passa la nostra ripresa: sistema di protezione sociale e previdenziale, mercato del lavoro, sistema formativo, concorrenza nei servizi e nelle professioni, infrastrutture, spesa pubblica e riforma’fiscale. Instaurare una cultura della crescita del Paese che faccia anche i conti col contesto internazionale: l’Europa prima di tutto,con cui costruire una politica economica forte, condivisa e credibile, ma anche il resto del mondo, a cui ci lega un’ interdipendenza che dobbiamo imparare a sfruttare e non subire”.

“Cultura della crescita significa rinunciare a difendere piccoli e grandi interessi

Nella nostra concezione di GENDER NEW DEAL “scuole moderne asili, università, assistenza agli anziani sono infrastruttura”, sono le fondamenta di un nuovo Welfare che necessariamente dovrà avere articolazioni territoriali, condivise tra tutti gli attori sociali, a cominciare dal sindacato ed in particolare dalla UIL. Allora investiamo costruendo infrastrutture sociali perché, tutto ciò genererà occupazione qualificata e favorirà l’occupazione delle donne.

Nel nostro Paese lo Stato sociale è carente e se funziona è perché viene supportato dalle famiglie. Le infrastrutture sociali non funzionano. Prendiamo ad esempio la scuola: le classi sono sovraffollate, spesso non rispondenti ai livelli di sicurezza imposti. Il tempo pieno – così necessario per le madri lavoratrici – ridotto e senza insegnanti di sostegno per i diversamente abili. L’assistenza agli anziani, poi, sempre più affidata a mano d’opera immigrata e spesso non qualificata e sottopagata.

Prevedere un impiego forte delle infrastrutture sociali permetterebbe di investire in servizi altamente qualificati, perché supportati da strumenti tecnologici in gradi di sopperire efficacemente al più pesante lavoro di cura .

C’è una grande domanda di servizi di qualità e se aumentano i servizi aumentano le donne che vanno a lavorare fuori casa, ma aumenta anche il Prodotto Interno Lordo proprio per il lavoro delle donne (7% di PIL)

E se c’è domanda di servizi, prosperano anche le imprese che li forniscono, che spesso sono imprese gestite da donne che hanno dato prova di riuscire a stare sul mercato, nonostante le maggiori difficoltà che incontrano nell’accesso al credito, nonostante le scoraggianti pastoie burocratiche”. “riportando LA PERSONA al centro dell’attenzione della politica e riducendo

IL PROBLEMA DELLE DIMISSIONI IN BIANCO.

Fare figli è direttamente correlato all’occupazione. I dati ci dicono che le donne che non lavorano non fanno figli, ma le donne che lavorano hanno paura di perdere il lavoro. Introdotta da Prodi, abrogata da Berlusconi la norma contro le dimissioni in bianco è di nuovo nell’agenda del Governo e per il Ministro Fornero si tratta di una norma discriminatoria, illegale da abolire. Come sappiamo tale norma obbliga la lavoratrice, all’atto dell’assunzione, a firmare una lettera di dimissioni priva di data che sarà utilizzata al momento in cui la donna annuncerà al suo datore di lavoro che è incinta. Aggirando così non solo l’articolo 18 ma qualsiasi forma di indennità prevista per legge. Una pratica tutt’altro che marginale, se è vero che (dati Istat) tra il 2008 e il 2009 ben 800mila donne hanno lasciato in maniera più o meno volontaria il proprio lavoro per motivi legati alla maternità.

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