L’attacco alla 194 una delle migliori leggi dello Stato, è un incubo che ritorna in modo ossessivo e periodico che apre la stagione politica del 2008. Una legge che dal 1982 ha ridotto del 60% il ricorso all’aborto, che ha garantito informazione ed assistenza alle donne costrette a scegliere sulla propria pelle se portare avanti la gravidanza, sottraendole ad un mercato clandestino che le esponeva a rischi ed umiliazioni.

Questa volta l’attacco viene da prezzolati giornalisti che, in modo strumentale, introducono temi quali l’eugenetica che nulla hanno a che vedere con l’autodeterminazione e la salute psicofisica delle donne, ma servono soltanto ad aprire la strada ad una battaglia politica conservatrice, minando alle radici la libertà delle donne e il diritto di tutti i cittadini italiani ad uno stato laico che assicuri la possibilità di scelta senza intervenire in modo inappropriato su scelte che riguardano unicamente la propria coscienza. Le donne della CGIL sono impegnate in prima persona e con tutta la forza dell’organizzazione a difendere la legge 194 e a chiederne l’applicazione, rafforzando i servizi di prevenzione ed informazione, primi fra tutti i consultori familiari che devono avere maggiori finanziamenti, strumenti e personale. Le donne della CGIL invitano le tante donne dei movimenti a riprendere i temi legati alla differenza di genere e più in generale alla laicità dello Stato e a mobilitarsi per respingere quest’ulteriore attacco. Aggredire la 194 significa mettere in discussione il diritto all’autodeterminazione delle donne e nel suo complesso i diritti civili e di modernità dello Stato italiano. È necessaria una grande azione di resistenza per affermare un’etica laica e rilanciare quelle proposte ferme da mesi in parlamento quali divorzi brevi, coppie di fatto, legge sull’omofobia, nel tentativo di adeguare l’Italia agli altri paesi avanzati dell’Europa; paesi dove si può divorziare, procreare con l’aiuto della scienza o abortire con il permesso dello Stato, sostenere i più deboli con le tasse dei più ricchi, farsi una famiglia anche se ci si ama fra persone dello stesso sesso e non essere discriminati per il proprio credo religioso o per le proprie tendenze sessuali.

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