Dopo aver letto con attenzione l’articolata proposta di legge realizzata dal consigliere regionale Paolo Galante, la prima considerazione che mi è venuta in mente è correlata alla improcrastinabile necessità di aprire un dibattito serio e articolato nel merito,
e portato avanti da chi ha veramente a cuore le sorti di una città enucleando, secondo la propria esperienza e sensibilità, determinati paradigmi che possano essere utili a contribuire ad un significativo salto in avanti delle complicate fortune del capoluogo.
Da troppi anni la città appare ripiegata su se stessa, con le casse comunali depauperate da una disastrosa gestione economica e da un progressivo indebolimento della propria identità complessiva. Poco rilievo assumono, a tale scopo, le polemiche sulla opportunità di redigere un disegno di legge relativo al risanamento complessivo della città, in quanto continuano ad essere assai rare, e confinate a pochi sterili salotti, le opportunità di allargare il dibattito in maniera organica a quelle categorie realmente interessate alla sua crescita complessiva, e sogno la possibilità di un allargamento del confronto anche a pezzi di cittadinanza attiva e responsabile che possono offrire un contributo di operatività.
Pensando al dibattito sul ruolo della città capoluogo, innanzitutto mi viene spontaneo immaginare di fornire una risposta possibile all’implicita domanda contenuta nel famoso aforisma di Calvino ne “Le città invisibili”: “Anche le città credono d’essere opera della mente o del caso, ma né l’una né l’altro bastano a tener su le loro mura. Di una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”. Sarebbe quindi di estremo interesse riuscire a capire la città di Potenza quale risposta possibile sia in grado di fornire tanto ai suoi cittadini quanto ai numerosi visitatori che la visitano quotidianamente. Tali considerazioni riportano immediatamente l’attenzione sul ruolo che la città capoluogo debba svolgere per l’intero territorio regionale. Occorre preliminarmente precisare che si tratta di funzioni per lo più collegate all’aspetto amministrativo, perché in realtà Potenza non assolve ad altri ruoli all’interno del tessuto economico e sociale regionale, vista la peculiarità di altri contesti che esercitano un’attrattiva superiore a Potenza sotto altri profili. Laddove questa diversità viene da qualcuno vista come una limitazione nelle potenzialità del capoluogo, ritengo invece che tale ripartizione di funzioni può rappresentare esattamente uno dei suoi punti di forza.
Veniamo al caso. È pacifico considerare Potenza “città dei servizi”, data non solo la mole di infrastrutture presenti (scale mobili su tutte), ma soprattutto la dotazione di uffici ed enti che di per sé rappresentano un momento di necessaria attrattività nei confronti dei cittadini che vengono da fuori distretto. Sono perfettamente d’accordo con l’ identificare per la città di Potenza il territorio ricompreso in quella che qualche tempo fa veniva definita con il termine di “area metropolitana”, che ricomprende i comuni dell’hinterland (Anzi, Pignola, Tito, Ruoti, Avigliano, Pietragalla, Vaglio di Basilicata, Brindisi di Montagna).
Oltre al ruolo che ha assunto nel corso degli anni, quella correlato all’erogazione di servizi di eccellenza – in verità ultimamente piuttosto deficitari a causa della crisi finanziaria sopra detta – sempre maggiori sono le forze sociali che si autoorganizzano per offrire i propri contributi spontanei atti sia alla riqualificazione di determinati spazi urbani, che di solidarietà diffusa nei confronti di chi sta indietro.
Sono meccanismi del tutto naturali che nascono dai quei cittadini che osservano le manchevolezze presenti in città, cercando di offrire il loro contributo spontaneo atto a colmare quelle lacune. Tali diffusissimi comportamenti virtuosi, messi in campo da associazioni non necessariamente riconosciute, più spesso da gruppi di cittadini coinvolti da specifici scopi, hanno negli ultimi anni determinato un grande spontaneismo sociale che ha pochi precedenti nel mezzogiorno d’Italia (ed è ragionevole supporre anche in tutto il resto del paese). Ecco perché, a giudizio di chi scrive, la principale caratteristica della città di Potenza, che originariamente si identificava nel tradizionale “Potenza città dei servizi”, va integrata oggi dalla riscoperta di uno spirito appartenente alla ritrovata coscienza della propria collettività e nell’esaltazione del proprio senso civico, e può essere riassunto in un nuovo concetto: “Potenza città solidale”. Non ci si rende conto a sufficienza di alcuni elementi oggettivamente negativi che caratterizzano la città di Potenza degli ultimi anni: una immagine scadente causata da uno stato di incuria di innumerevoli spazi abbandonati e lasciati a sè stessi che determinano un deprimente impatto urbano, un verde pubblico assolutamente incolto e trascurato, ed un aumento radicale dello stato di povertà che ormai si è abbattuto violentemente su quello che una volta veniva definito ceto medio. Ebbene, sempre di più sono i cittadini, alcune associazioni ed una parte di istituzioni private vicine al mondo del disagio che da tempo sono scesi in campo per fronteggiare con determinazione i problemi da cui la città è afflitta. E credo che un qualunque progetto di legge che si occupi della città capoluogo di regione non possa prescindere dal tenere nella opportuna considerazione quella che rappresenta la migliore espressione della società potentina: una cellula silenziosa ma operosa e fattiva dalla quale ripartire per la ricostruzione della Potenza che verrà.
Questo per evitare che la città di Potenza, sempre citando Calvino, continui ad essere “l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme”
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